" Siberia, la terra che dorme "
Siberia, "terra addormentata", perchè questo vuol dire il suo nome; un territorio di smisurata grandezza e di selvaggia bellezza, desolato, lontano, misterioso, divenuto accessibile agli stranieri solo con l'apertura dei confini dell'ex Unione Sovietica. Un viaggio attraverso il centro geografico dell’Asia, tra panorami unici di regioni affascinanti e selvagge, dove la natura esprime la sua grandiosità in un susseguirsi di montagne, laghi e foreste; dove steppa e tundra sono attraversate dalla Transiberiana, la linea ferroviaria più lunga del mondo, che percorreremo nella sua parte mediana. Un’esperienza, che implica cambiamenti di fuso orario, di climi, di temperature, ma che permette di conoscere usanze, costumi ed abitudini di chi vive in terre remote ed incontaminate. Un viaggio che ci ha portato dalle rive del lago Bajkal, selvaggio paradiso naturale, ai monti dell'Altaj; dagli orizzonti sconfinati della Chakassia, alle lande steppose della repubblica di Tuva.
Domenica 24 settembre - In una calda ed assolata giornata autunnale ci rechiamo all'aeroporto di Milano Malpensa dove alle 14,50 ci attende il volo Aeroflot 2613 diretto a Mosca. Dopo aver trascorso il pomeriggio volando nei cieli d'Europa, al tramonto, atterriamo in suolo russo; rapido cambio di terminal e dopo una breve attesa lasciamo l'aeroporto Sherematyevo, per raggiungere con un volo notturno, nel cuore della Siberia, la città di Irkutsk.
Lunedì 25 settembre - Dopo aver sorvolato in fase di atterraggio colline imbiancate da una leggera spruzzata di neve, alle 8, accolti da un vento gelido e da una temperatura di soli due gradi, atterriamo all'aeroporto di Irkutsk. Le condizioni metereologiche sono tuttavia migliori di quanto, stando alle previsioni, ci aspettassimo; nel cielo sferzato dal vento, nuvole cariche di pioggia si rincorrono velocemente, lasciando penetrare timidi raggi di sole. Attendiamo al terminal aeroportuale l'apertura dell'ufficio di Avis Russia, la società di noleggio presso cui dovremo ritirare l'auto prenotata tramite internet; ci viene consegnata una Hyundai Solaris, spaziosa berlina che avremo modo di utilizzare anche nel corso dei successivi noleggi effettuati in altre città di questo nostro viaggio. Lasciato l'aeroporto, situato a ridosso del centro abitato, ci dirigiamo all'hotel prenotato anch'esso su internet ed il cui nominativo, unitamente a quello delle altre strutture che ci ospiteranno, era stato precedentemente trasmesso all'agenzia che ha provveduto a rilasciarci la lettera d'invito necessaria per l'ottenimento del visto. Depositati i bagagli, raggiungiamo il centro della città, fondata nel 1661 alla confluenza dei fiumi Angara ed Irkut, lungo le rotte commerciali tra Russia e Cina. In origine avamposto per l'esazione dei tributi, pagati dalle tribù buriate della zona in pellicce di animali, si sviluppò successivamente come crocevia commerciale, per diventare nel XIX° secolo un luogo di esilio politico. Analogamente a molti altri insediamenti siberiani, anche ad Irkutsk una cospicua parte della popolazione discende da persone esiliate in Siberia; deportazioni avvenute sia sotto il regime zarista, che sotto quello stalinista. Lasciata l'auto nella centrale Lenina Ulitsa ci dirigiamo percorrendo Sukhe Butera in piazza Kirov, il luogo in cui il cosacco Pokhabov eresse nel 1661 la prima fortezza; oltrepassato palazzo Vtorov, antica dimora di una ricca famiglia di mercanti, puntiamo su Ulitsa Karl Marx, che percorriamo per ammirare le facciate di alcuni palazzi nobiliari di fine ottocento, periodo in cui la città cominciò a prosperare e dove numerose sono le case in legno con finestre abbellite da raffinate decorazioni a intaglio in tipico stile siberiano. Le raggiungiamo, seguendo la linea verde dipinta sui marciapiedi che collegando fra loro le diverse strutture architettoniche, consente di scoprire la storia della città e della sua gente. Facendo ritorno all'auto ci fermiamo alla chiesa Spasskaya, tempio ortodosso costruito nel XVIII° secolo, alla cattedrale Bogoyalevsky, splendida nei suoi colori sgargianti, al vicino monumento dedicato ai caduti della seconda guerra mondiale, una presenza costante in tutte le città, grandi e piccole, che toccheremo nel corso del viaggio. Ci portiamo sul lungofiume e ripresa l'auto raggiungiamo il grazioso monastero ortodosso di Znamensky; fondato nel 1693, è uno dei più antichi della Siberia. La sua architettura ispirata allo stile medioevale russo integra elementi del barocco siberiano e l'interno riccamente decorato, ospita una bella iconostasi impreziosita da antiche cornici in argento. Siamo ormai al termine della nostra prima giornata siberiana, ma prima di rientrare in hotel, ci resta ancora il tempo per visitare la chiesa Kazarsky, dipinta a colori sgargianti, ed il complesso di edifici lignei adiacenti palazzo Volkonskij, tra cui la famosa "Casa europea" appartenuta alla ricca famiglia di mercanti Schastin, risalente al XIX° secolo.
Martedì 26 settembre - Lasciamo l'hotel ed attraversiamo la periferia orientale della città, già parecchio trafficata di primo mattino, per imboccare la statale M55. Ben tenuta ed asfaltata di recente, si snoda in un continuo saliscendi attraverso colline ricoperte di pinete e boschi di betulle che hanno già assunto i caldi colori dell'autunno. La temperatura è sempre rigida, intorno ai due - tre gradi; sui rilievi più alti un leggero strato di neve ricopre alberi e prati. Il traffico costituito in prevalenza da autocarri non è molto intenso ed in circa due ore raggiungiamo le sponde meridionali del lago Baikal, nelle cui acque si specchiano nuvole nere, che ci attendono con pioggia e neve, nostre compagne di viaggio per alcune decine di chilometri. Una ripida discesa a tornanti ci porta a costeggiare il lago ed i binari della ferrovia transiberiana; attraversiamo i villaggi di Kultuk e di Sljudianka, ma solo oltrepassata Babuskil la strada si allontana dal lago, attraversando boschi e colline. Seguiamo per un lungo tratto il corso del fiume Selenga che scorre in una zona pianeggiante dove tra infinite distese di campi lavorati sorgono minuscoli villaggi agricoli. Eccoci infine ad Ulan Ude, capitale della repubblica autonoma dei Buriati, stirpe mongola che discende dall'Orda d'Oro di Gengis Khan; la prima città che incontriamo ad avere un aspetto un po' meno russo ed un poco più asiatico. Raggiungiamo il centro città e parcheggiata l'auto nella centralissima piazza dei Soviet ci rechiamo a vedere il monumento su cui campeggia la testa di Lenin più grande del mondo: alta quasi otto metri e pesante dodici tonnellate, è stata installata nel 1970 per celebrare il centenario della nascita di Vladimir Ilic Uljanov, diventando, da allora, l’attrazione più curiosa della città ed uno dei pochi monumenti superstiti di un'epoca passata. Oltrepassiamo il vicino Teatro dell'Opera circondato da giardini e fontane, per proseguire lungo Ulitsa Lenina, la via che attraversando il centro della città collega piazza dei Soviet, con un'altra piazza che richiama anch'essa il passato sovietico: piazza della Rivoluzione. Superato l'arco trionfale, raggiungiamo la cattedrale Odigitrievskji, chiesa ortodossa costruita nel 1741, con vistose cupole a cipolla di colore blu, utilizzata in epoca sovietica come sito museale.
Mercoledì 27 settembre - Sebbene fosse nell'aria, la sorpresa mattutina è data dalla neve caduta nella notte. Attraversiamo Ulan Ude nell'ormai consueto caotico traffico del mattino; lunghe code ci fanno perdere parecchio tempo e solo alle 10 raggiungiamo l'ingresso del Museo Etnografico situato a Verkhnjaja Berezovka, zona collinare ad una decina di chilometri dal centro della città. Sotto la neve che continua a cadere accompagnata da raffiche di vento gelido che sferzano mani e viso, passiamo l'intera mattinata all'interno del parco che ospita numerose costruzioni in legno risalenti ad epoche comprese tra il XVIII° ed il XX° secolo: una chiesa ortodossa, un tempio buddista, fattorie con stalle e ricoveri per gli attrezzi, antiche dimore appartenute a ricchi signori e semplici dacie un tempo abitate da buriati e cosacchi, le due etnie che popolavano la regione. Percorrendo un itinerario ad anello ci addentriamo nel vasto bosco di betulle che ospita una trentina di edifici; spostati dai villaggi d'origine sono stati qui ricostruiti. Alcuni sono visitabili anche all'interno: un'interessante opportunità che consente di comprendere lo svolgimento delle attività quotidiane durante il rigido inverno siberiano e di apprezzare arredi, suppellettili, abiti e monili appartenuti ad epoche passate, che rivivendo nella silente fiabesca atmosfera del villaggio ci riportano con la mente a scene del film Il Dottor Zhivago. Con una temperatura costantemente intorno a zero gradi, nel primo pomeriggio lasciamo il Museo all'aperto per proseguire lungo la strada P 438 e raggiungere Ust Bargudzin, cittadina sulla sponda orientale del lago Baikal. Percorsi pochi chilometri, veniamo fermati ad un posto di blocco della Polizia. Non senza difficoltà, un giovane poliziotto con qualche stentata parola in inglese ci spiega che la neve ed il ghiaccio formatosi sulle alture consentono di proseguire solo ai mezzi equipaggiati con pneumatici chiodati. Fermi in coda con altre autovetture ed autocarri aspettiamo la riapertura della strada che a detta dei militari dovrebbe avvenire a breve; le condizioni meteo non danno però tregua e la neve, a momenti una vera e propria bufera, continua a cadere mentre il vento soffia impetuoso. Restiamo in attesa per oltre due ore, poi alle 15,30 visto il perdurare delle avverse condizioni meteo e del blocco stradale facciamo ritorno ad Ulan Ude, trovando nuovamente posto nella struttura che ci ha ospitato ieri sera.
Giovedì 28 settembre - La tormenta sospinta dal vento artico che ha soffiato per tutta la notte ha ricoperto l'auto di una sottile coltre di neve gelata e sotto un cielo plumbeo interrotto da squarci d'azzurro che lasciano ben sperare, proseguiamo verso est, lungo la M55 in direzione di Tarbagatay. Seguiamo il corso del fiume Selenga per una quarantina di chilometri fino a raggiungere il punto in cui si erge la "montagna del leone dormiente", una collina con una parete rocciosa strapiombante sul fiume, luogo di fede e preghiera molto panoramico, che offre un'ampia veduta sulla valle, sul corso del fiume e sulle isole erbose flagellate dal vento, dove i fedeli di religione buddista, numerosi in Buriazia, appendono ad alberi e cespugli, nastri e sciarpe tibetane. La Buriazia fu uno dei pochi territori che mantenne la propria sovranità ed indipendenza anche all'epoca del terrore staliniano; neppure con la forza, Stalin riuscì ad aver ragione della determinazione dei guerrieri mongoli nel mantenere vive le proprie tradizioni, la propria lingua e la propria religione. Caso unico in tutta l'Unione Sovietica, il regime staliniano, finì per concedere alla repubblica dei Buriati, l'autonomia che permise alla popolazione di professare la propria fede buddista. Risaliti in auto, facciamo ritorno ad Ulan Ude e con il tempo in costante miglioramento, utilizzando la strada già percorsa all'andata, puntiamo nuovamente verso Irkutsk. Ci fermiamo in un paio di piccoli villaggi rurali, costituiti quasi interamente da vetuste case in legno attraversate da deserte strade fangose e quindi raggiunte le sponde del lago Baikal, al piccolo mercato di Kultuk, sulle cui bancarelle le donne del villaggio, hanno esposto i prodotti tipici della zona: pesce omul affumicato, funghi e frutti di bosco. Ora non ci resta che affrontare l'ultimo tratto di strada che attraversando alture ricoperte da vasti boschi di betulle, già nel loro aspetto autunnale, e da estese, verdi pinete, ci riporta ad Irkutsk.
Venerdì 29 settembre - Continuiamo la visita all'Oblast di Irkutsk dirigendoci verso la sponda occidentale del lago Baikal. Lasciamo l'hotel percorrendo i larghi viali che conducono verso la periferia orientale della città dove ha inizio la nuovissima e non ancora ultimata superstrada che collega Irkutsk a Listvyanka, cittadina turistica, considerata la località balneare più rinomata del lago Baikal. Percorsi una ventina di chilometri ci ritroviamo sulla vecchia strada statale che, in un susseguirsi di ripidi, lunghi e rettilinei saliscendi che ricordano le montagne russe dei luna-park, fende boschi di conifere e betulle. Poco dopo le 10 siamo all'ingresso del Museo dell'Architettura lignea di Taltsy, complesso museale costituito da vecchi edifici risalenti ad epoche comprese tra il 1700 ed il 1900 che dai villaggi d'origine sono stati trasferiti tra i boschi di betulle degradanti verso le sponde del fiume Angara. Molti sono gli edifici che, smontati e restaurati, sono stati ricostruiti sui pendii della collina: isbe, case coloniche arredate con oggetti e suppellettili d'epoca, dacie appartenute alle popolazioni locali (buriati e cosacchi). Una visita molto interessante che ha richiesto oltre tre ore e mezza e che ci ha permesso di ammirare oltre alle diverse abitazioni, una chiesa, alcune cappelle tra cui quella di Nostra Signora di Kazan risalente al 1697, un edificio appartenuto a notabili governativi, una torre di avvistamento del 1667 con annesso posto di guardia e prigione proveniente dal Forte Iliminsk Ostrog, un mulino con i canali per il convogliamento delle acque ricavati da fusti arborei opportunamente scavati, ed alcune antiche tombe utilizzate dal popolo dei tungusi per seppellire i propri defunti. Nel primo pomeriggio raggiungiamo Listvyanka; il sole caldo e splendente che ci ha accompagnato durante la visita di Taltsy si è purtroppo velato ed accompagnati dal solito vento gelido, percorriamo il lungolago fra vecchie imbarcazioni ormeggiate fino a raggiungere il mercato in cui gli unici articoli in vendita sono il pesce affumicato ed i souvenir per i turisti. Lasciamo Listvyanka per fare ritorno a Irkutsk; nel tardo pomeriggio siamo nuovamente in città e lasciata l'auto nei pressi della chiesa cattolica, ci rechiamo alla vicina chiesa Spasskaya ed all'altare dove arde la fiamma perenne a ricordo dei soldati caduti in guerra, meta obbligata per le foto ricordo delle coppie di giovani sposi.
Sabato 30 settembre - Dedichiamo la mattina alla visita di quanto Irkutsk ha ancora da offrirci e con la città semideserta per la giornata prefestiva, percorrendo Graznovsky Most e Stepana Razina ci rechiamo alla chiesa Krestovozdvizmeskaya: circondata da un giardino fiorito, è caratterizzata da pareti esterne molto elaborate con vistose greche di colore rosso. Poco distante, il Kvartal 130, quartiere molto turistico luogo di ritrovo dei giovani irkutsktiani; qui, le vecchie abitazioni in legno sono state trasformate in hotel, ristoranti, bar e birrerie. Ad indicarne l'ingresso, una grande statua in bronzo raffigurante il Babr, animale leggendario, eletto a simbolo della città; una sorta di tigre della steppa che serrando tra le fauci uno zibellino, vuole rappresentare l’unicità, il potere e la ricchezza della regione. Ripresa l'auto percorriamo Ulitsa Sovetskaya per raggiungere piazza della Costituzione, nei cui pressi, all'interno di un parco sorge palazzo Sukhachev, raffinata costruzione abbellita da intagli che contornano finestre e porte, con una grossa ancora posizionata sul tetto, appartenuta al mecenate siberiano Vladimir Sukhachev, oggi sede del Museo di arte regionale e che al suo interno ospita opere di artisti russi dei secoli passati e sculture provenienti dalla regione del Baikal. Nel parco sono presenti altre costruzioni in legno che una volta costituivano le scuderie della casa padronale; all'ingresso, sulla piazza antistante, in omaggio alle Forze Armate Sovietiche, il monumento al carro armato T34. Ci rechiamo anche all'adiacente piccola chiesa di Xenia di Petersburg, dove abbiamo la possibilità di assistere alla celebrazione di alcuni battesimi, prima di raggiungere, percorrendo Dekabirskikh Sobity, la residenza del principe Sergej Grigorevic Volkonskij, generale dell'esercito russo, sostenitore di politiche avverse al potere dello zar, che nel 1826 fu condannato ai lavori forzati ed esiliato in Siberia. Un bel edificio ligneo a due piani, oggi trasformato in museo, interamente arredato con mobili e suppellettili dell'epoca: al piano superiore riservato alla principessa ed alle figlie è possibile visitare lo studio e le camere da letto; al piano inferiore, i saloni di rappresentanza e gli appartamenti del principe e di suo figlio. Terminata la visita ci soffermiamo all'esterno dell'abitazione di un altro decabrista, Sergej Trubetskoy; anch'essa è composta da un edificio principale, di dimensioni più ridotte rispetto a palazzo Volkonskij e da piccole costruzioni in legno che servivano per il ricovero di animali ed attrezzi. Alle 13 lasciamo Irkutsk per dirigerci, percorrendo la strada R 418, verso la sponda occidentale del lago Baikal. Attraversiamo foreste di larici, una vasta pianura in parte coltivata ed in parte adibita a pascolo ed oltrepassata Bajandai, nuovamente boscose colline ricoperte di conifere. Ripide salite ed altrettanto ripide e rettilinee discese, tipiche delle strade russe, ci portano a Jelanzy; pochi chilometri ed il paesaggio muta radicalmente: pascoli sempre più brulli si susseguono a colline rocciose dall'aspetto quasi lunare. Dopo tre ore e mezza di viaggio raggiungiamo il piccolo porto di Sakhyurta, punto di partenza del traghetto, su cui ci imbarcheremo domani, per l'isola di Olkhon; noi proseguiamo verso Capo Ulan, roccioso promontorio che chiude la bella baia di Muhor.
Domenica 1 ottobre - Alle 8,30 siamo al molo distante poche centinaia di metri dalla guest-house che ci ospita. Il porto è deserto, non ci sono automezzi in attesa; nello stretto braccio lacustre che separa l'isola dalla terra ferma, vediamo il piccolo ferry che durante il giorno, fa ininterrottamente la spola tra le due sponde. Pochi minuti ed il personale ci fa segno di salire a bordo; nella gelida brezza mattutina di una bellissima giornata di sole, affrontiamo i quindici minuti di traversata che ci separano dall'isola di Olkhon. La strada sterrata, larga ma parecchio rovinata con buche e molto tole ondulèe, si snoda verso l'interno a poche centinaia di metri dalla costa in un susseguirsi di colline desertiche assai simili per conformazione a quelle incontrate in Mongolia. Ci fermiamo nei pressi della baia di Tolay che raggiungiamo scendendo lungo un tratturo in mezzo alla steppa, per poi dirigerci a Khuzhir, il villaggio più popoloso dell'isola. Lasciata l'auto, a piedi ci portiamo nella zona del porto dove sono ormeggiate vecchie imbarcazioni in disarmo e dopo aver passeggiato per le deserte e polverose strade del piccolo borgo raggiungiamo Shamanka Rock, le rocce calcaree di capo Burkham, il luogo più famoso dell'isola ed il più sacro, così chiamato per la presenza di totem sciamanici. La vista è fantastica: oltre i totem, rivestiti di sciarpe dai colori vivaci che i buriati donano in segno di preghiera agli spiriti della natura, le trasparenti, profondissime acque del lago e le montagne innevate che sulla riva opposta si specchiano nel Maloe More, il piccolo mare, lo specchio d'acqua che separa l'isola dalla sponda occidentale. Proseguendo in auto sulla strada che ben presto diventa una pista sconnessa raggiungiamo i minuscoli villaggi di Kharantsiy e di Khalgai; vorremmo inoltrarci fino alle dune di Peschanka ma essendo situate in un area protetta, l'accesso è consentito solo con specifici permessi. Costeggiando baie, insenature e promontori che si susseguono lungo le rive del lago, che con i suoi 1642 metri è il più profondo al mondo, percorrendo piste tracciate in mezzo alla steppa, facciamo ritorno a Khuzhir, da dove, raggiungiamo il punto di attracco dei ferry. L'imbarco è immediato; in pochi minuti siamo nuovamente sulla terra ferma. Essendo solamente le 16,30 decidiamo di esplorare anche parte della sponda occidentale del lago, percorrendo la strada sterrata, in condizioni decisamente migliori rispetto a quella che attraversa l'isola, che collega i villaggi costieri di Sarma e di Kurma offrendo nuovi e fantastici scorci panoramici sul lago Baikal e sull'isola di Olkhon.
Lunedì 2 ottobre - Lasciamo Sakhyurta per fare ritorno, a Irkutsk. Attraversiamo i pascoli stepposi di Tazhenskaya, la taiga, boschi di conifere e larici e raggiunta la pianura, estesi campi coltivati e vasti pascoli inframezzati da piccoli boschi di betulle e da minuscoli villaggi rurali. Il traffico è molto scarso; una breve sosta a Elantsy per far lavare l'auto ed intorno a mezzogiorno siamo nuovamente a Irkutsk. Raggiungiamo la stazione ferroviaria e dopo aver lasciato i bagagli in deposito, proseguiamo alla volta dell'aeroporto per espletare le pratiche di riconsegna dell'auto presso gli uffici di Avis Russia. Per ritornare in centro decidiamo di utilizzare la maršrutka (minibus) n. 20 che in quarantacinque minuti attraversa la città, collegando l'aeroporto con la stazione ferroviaria e che percorrendo molte delle vie in cui sono ubicati i più bei palazzi del centro storico, ci permette da dare un ultimo sguardo ai molti edifici da noi visitati nei giorni scorsi. Recuperati i bagagli, non ci resta che attendere il treno 007H, proveniente da Vladivostok, il cui arrivo è previsto per le 15,45 e che dopo una sosta di trenta minuti, riparte alla volta di Krasnoyarsk. E' la nostra prima tratta sulla Transiberiana; con gli e-ticket acquistati durante la preparazione del viaggio direttamente sul sito delle Ferrovie Russe (RZD), ci rechiamo alla piattaforma dove accanto ad ogni vagone, due provodnitsa, le addette al controllo di biglietti e passaporti, ci assegnano i posti prenotati. Per questo, come per gli spostamenti successivi, abbiamo riservato posti in seconda classe (kupè) che ci consentono di viaggiare in comodi scompartimenti con quattro cuccette. Nostri compagni di viaggio in questa tratta, due signori: il più giovane che parla un poco di inglese, scenderà nel cuore della notte ed il suo posto verrà occupato da una signora di mezza età.
Martedì 3 ottobre - Al nostro risveglio, affacciandoci al finestrino, vediamo sfilare davanti ai nostri occhi, velate dalle brume mattutine, basse colline, boschi, radure incolte e poveri villaggi costituiti da vecchie isbe, le tipiche fattorie contadine costruite con tronchi d'albero, circondate da piccoli appezzamenti coltivati ad orto. Oltre i bassi steccati che fungono da recinzione, vecchi trattori e vetuste vetture Lada o Uaz, reminiscenze di un passato non recente ma ancora attuale nelle comunità più sperdute. In perfetto orario, dopo 1.067 chilometri e diciassette ore di viaggio, eccoci a Krasnoyarsk. Per muoverci senza impedimenti lasciamo i bagagli al deposito della stazione; li recupereremo dopo essere entrati in possesso dell'auto prenotata presso la locale agenzia di Avis Russia che ha gli uffici in aeroporto. Ci rechiamo nella piazza antistante che funge da terminal per autobus e maršrutke, i minibus che percorrono incessantemente le vie cittadine seguendo percorsi prestabiliti, per cercare il punto di partenza dell'autobus n. 135, il mezzo che dalle informazioni in nostro possesso, avrebbe dovuto collegare la stazione ferroviaria direttamente con l'aeroporto. Non lo troviamo; ci affidiamo pertanto ai consigli della gente del posto che ci indirizza all'autobus n. 80, diretto al terminal degli autobus a lunga percorrenza, da dove, con il bus n. 584, si può raggiungere l'aeroporto. Così facciamo ed in un'ora siamo negli uffici della compagnia di noleggio per ritirare la seconda auto di questo viaggio. Ritornati in città, distante una trentina di chilometri e recuperati i bagagli, ci rechiamo in hotel e dopo uno spuntino, iniziamo la visita di Krasnoyarsk. Ci portiamo nei pressi del mercato coperto di Ulitsa Republiki dove lasciamo l'auto, per raggiungere in Ulitsa Lenina, la casa del pittore Vasily Ivanovich Surikov, oggi trasformata in museo. Un piccolo angolo di Siberia rurale trapiantata nel cuore della città, un angusto spazio verde che ospita all'interno di un curato giardino, una bella dimora arredata con mobili dell'epoca, in cui sono esposte opere ed oggetti appartenuti allo stesso Surikov. Sotto un breve scroscio di pioggia ci spostiamo in Pr. Myra ed in Ulitsa Karl Marksa, due delle arterie principali della città, su cui sorgono alcuni interessanti edifici dalle facciate in stile art nouveau; raggiungiamo la Torre dell'Orologio che domina la prospiciente piazza del Teatro e l'attiguo Museo regionale, edificio del 1912, la cui facciata presenta sia elementi architettonici in stile art nouveau che bizzarri geroglifici egiziani. Facendo ritorno all'auto, abbiamo modo di visitare la Chiesa dell'Intercessione, elaborata costruzione del 1795 e la chiesa della Resurrezione, edificata nei primi anni del 1800, per raggiungere quindi, nel caotico traffico di fine pomeriggio, con il tramonto ormai imminente, la collina di Karaulnaya, su cui sorge la piccola cappella di Praskeva Pyatnitsa, icona cittadina eretta nel 1804 sulle rovine di un tempio pagano, la cui effige è stampata sulle banconote da dieci rubli.
Mercoledì 4 ottobre - Affacciandoci alla finestra della nostra camera all'ottavo piano del palazzo che ospita l'hotel, scopriamo che sta nevicando copiosamente. Come già successo ad Irkutsk in un giorno di pioggia, il caotico traffico cittadino sta paralizzando il centro città; tra code ed ingorghi causati anche da alcune vie chiuse per lavori, impieghiamo oltre un'ora per raggiungere la periferia ed imboccare la statale M 54. Seguiamo il corso dello Yenisei fino ad Ovsyanka, dove ci fermiamo brevemente per vedere la casa in cui visse lo scrittore Viktor Astafiev e la cappella dedicata a Sant Inokent; costruzioni lignee, dall'architettura semplice, come molte delle abitazioni del villaggio, situato lungo le rive di uno dei principali fiumi siberiani. A Divnogorsk, lasciamo il fondovalle, ma prima di salire verso le alture che delimitano il bacino dello Yenisei, dal ponte che attraversa il fiume, abbiamo modo di vedere nella sua imponenza, la gigantesca diga costruita negli anni '60 del secolo scorso per alimentare una delle maggiori centrali elettriche del mondo. Accompagnati da una fitta nevicata che imbianca taiga, boschi di conifere, betulle e larici, superiamo un valico; con una temperatura di zero gradi, il conducente di uno degli spartineve è in piedi, in attesa di riprendere il lavoro, in maniche corte, accanto al suo mezzo. Solo quando cominciamo a perdere quota ed i boschi lasciano spazio a prati e a vaste coltivazioni di patate, la neve cala d'intensità; le condizioni meteorologiche sono in costante miglioramento e dopo Novoselovo, i primi raggi di sole accarezzano le erbose colline adibite a pascolo, caratterizzate dalla mancanza di vegetazione arborea. Attraversata Znamenka, l'ultimo tratto di strada, una lunga discesa verso Abakan, è all'insegna del sole. Percorriamo la circonvallazione della città e puntiamo su Minusinsk. Trovato l'hotel, ci rechiamo a vedere i pochi edifici degni di interesse della cittadina, luogo di esilio per detenuti e dissidenti politici negli ultimi anni del XIX° secolo: casa Vilner, un tempo, imponente emporio di tre piani edificato in stile rinascimentale italiano, fatto erigere da Grigory Vilner agli inizi del 1900 ed oggi, dopo venticinque anni di abbandono, palazzo fatiscente circondato da una alta impalcatura metallica di protezione; la Cattedrale del Salvatore costruita nel 1803 in stile barocco siberiano; la Casa del Teatro e la casa dei Decabristi, dimora in legno che ospitò alcuni dissidenti esiliati da San Pietroburgo.
Giovedì 5 ottobre - Ci dirigiamo nella vicina Shushenskoye dove è nostra intenzione visitare il Museo Etnografico allestito per ricordare i tre anni di esilio trascorsi da Lenin nel villaggio, ma a causa della pioggia battente, essendo il complesso museale, la ricostruzione all'aperto del borgo così come si presentava agli inizi del 1900 quando Lenin, suo malgrado vi soggiornò, decidiamo di rimandare la visita e di proseguire verso la regione di Tuva, Dopo un tratto iniziale attraverso vaste radure e colline, la strada comincia a salire. Con la neve che, preso il sopravvento sulla pioggia, cade sempre più copiosa, attraversiamo boschi e pinete che ricoprono i fianchi delle alture circostanti per raggiungere il valico abbondantemente innevato, reso transitabile dalla continua azione dei mezzi spartineve. Iniziamo quindi la discesa verso Tanzibey per addentrarci nel parco naturale di Ergaki. Superiamo ancora un valico, quello che separa la regione della Chakhassia dalla repubblica di Tuva, oggi territorio autonomo all'interno della Federazione Russa, ed accompagnati da un vento gelido che alza turbini di neve, scendiamo lentamente verso il fondovalle; il paesaggio cambia nuovamente ed ai boschi si succedono ora radure steppose inframezzate da basse colline che rendono la conformazione del terreno simile a quello mongolo. A metà pomeriggio arriviamo a Kyzyl, centro amministrativo e culturale della terra abitata dai tuvani, gruppo etnico di cultura mongola e di fede buddista - sciamanista. Senza perdere tempo, iniziamo la visita della città. Ci dirigiamo dapprima sul lungo fiume dove sorgono l'obelisco che sta ad indicare il centro geografico dell'Asia ed il vicino monumento equestre eretto in onore del principe Khaan e di sua moglie Kadyn, per spostarci quindi in piazza Arata, il cuore della città, che ospita una gigantesca ruota della preghiera, il monumento a Lenin ed il museo nazionale, nelle cui sale sono esposti gioielli ed ori appartenuti alla dinastia dei principi Scythian. Concludiamo la giornata alle sorgenti sacre (arzhaan) di Tos Bulak situate alla periferia della città lungo le rive del fiume Eniseyi, per rientrare quindi in hotel, dove facciamo conoscenza con un gruppo di militari russi, amanti dell'arte e della cucina italiana, ospiti anche loro della struttura, che sono incuriositi dal nostro viaggio.
Venerdì 6 ottobre - Ci alziamo con il cielo coperto ma a causa delle previsioni meteo che per le prossime ore annunciano copiose nevicate, rinunciamo al giro programmato che transitando per il passo di Kurukul ci avrebbe riportato ad Abakan, lungo la secondaria A 161. Cercheremo di raggiungere, condizioni meteo permettendo, i menhir ed i megaliti di Poltakov passando da sud. Torniamo pertanto sui nostri passi ripercorrendo la strada dell'andata: in noi, la segreta speranza di riuscire almeno ad ammirare i paesaggi offerti dal parco naturale di Ergaki che purtroppo non abbiamo potuto vedere precedentemente, a causa delle nuvole basse. Costeggiando il fiume Eniseyi che scorre impetuoso tra immensi boschi di larici e vaste praterie con mandrie di cavalli al pascolo, ci avviciniamo al parco naturale di Ergaki; la speranza di vedere i panorami sulle enormi distese boschive è, ancora una volta, resa vana dalle condizioni meteo. Nevica a larghe falde e pur con gli spazzaneve al lavoro, si viaggia lentamente su neve battuta. Oltrepassiamo il passo a cui si accede da un lungo paravalanghe ed iniziamo la discesa verso il fondovalle, raggiungiamo Tanzibey e proseguiamo attraverso le colline fino a Shushenskoye. Sono le 14 ed anche se nevica decidiamo di fermarci a visitare il Museo Etnografico all'aperto, dove è stato interamente ricostruito, in alcuni casi ristrutturando le case originali sopravvissute, il villaggio di Shushenskoye, così come si presentava alla fine del 1800. L'interessante visita guidata, ci ha permesso di ammirare diversi edifici lignei edificati secondo i criteri costruttivi siberiani dell'epoca; tra questi, una isba, una casa appartenuta ai nuovi credenti, un palazzo amministrativo che ospitava al suo interno, tribunale, residenza dei giudici e prigione, un emporio, l'enoteca utilizzata per la vendita di vodka e le due dacie - la prima abitata nel 1897 e nei primi mesi del 1898 e la seconda tra luglio 1898 e dicembre 1900 - in cui Vladimir Lenin e sua moglie Nadezdha Krupskaya trascorsero il loro esilio, ed in cui sono ancora presenti oltre agli arredi originali, oggetti e manoscritti appartenuti al rivoluzionario russo.
Sabato 7 ottobre - Da Minusinsk raggiungiamo la vicina Abakan per imboccare la A 161, la strada che salendo verso Av Domrak si inoltra nella regione di Tuva. Appena fuori città riprende a nevicare intensamente; non essendoci mezzi spartineve all'opera, le condizioni del fondo stradale si presentano subito assai critiche anche a causa dei cumuli di neve portati dal vento sulla carreggiata. In poco tempo, sono caduti oltre venti centimetri di neve; con queste condizioni è impensabile raggiungere i menhir di Poltakov. Ci fermiamo ad Askiz, grosso borgo agricolo, dove, lungo la strada, i bambini si divertono ad erigere pupazzi con la prima neve della stagione, per poi proseguire verso sperduti villaggi di campagna, situati ai piedi di basse collinette su cui si trovano idoli pagani scolpiti su totem sciamanici e monumenti in pietra risalenti ad oltre duemila anni fa, silenziosi testimoni della cultura tradizionale. Nel pomeriggio, con il perdurare delle avverse condizioni meteo, facciamo rientro ad Abakan, capoluogo della Chakhassia, per visitare la chiesa della Trasfigurazione, bell'edificio con grandi cipolle dorate in cui si riflettono gli ultimi raggi di un sole ormai basso ed uscito da poco e troppo tardi, dalle nuvole. E' in corso una funzione di rito ortodosso, celebrata da numerosi officianti; ad accompagnare il sacerdote più anziano che dirige la funzione aumentando progressivamente la tonalità della voce durante i canti, un coro. Siamo incuriositi ed affascinati. Osservo i fedeli: intorno a noi, donne con il capo coperto da un velo o da un semplice fazzoletto, si fanno in continuazione il segno della croce; mi accorgo che lo fanno al contrario rispetto a noi e con solo tre dita della mano unite. Piccole sfumature di Cristianesimo: la grande transizione tra Europa ed Asia oltre che dai paesaggi, dai volti della gente, dalle lingue, passa anche dalle religioni. Assistiamo ad una parte della lunga celebrazione prima di fare ritorno alla bellissima casa dalle pareti di cristallo di Yulia; modernissima e di design, ha un piano adibito a guest-house.
Domenica 8 ottobre - In una giornata finalmente soleggiata, lasciamo Abakan per fare ritorno a Krasnoyarsk. Dopo aver percorso per un breve tratto la statale M 54, a Zhamenka ci addentriamo fra basse colline, pinete e laghi, per raggiungere il villaggio di Shira, punto di partenza per la catena montuosa di Sunduk, località ancor oggi misteriosa, utilizzata nell'antichità come luogo di sepoltura ed osservatorio astronomico. Al termine della strada asfaltata, ci inoltriamo nella steppa percorrendo uno sconnesso tratturo per raggiungere le pendici del primo dei cinque rilievi montuosi, identici per conformazione, che caratterizzano la catena di Sunduk; lasciata la vettura, proseguiamo a piedi lungo il crinale fino a raggiungerne la sommità su cui svetta un totem sciamanico e dove la vista può spaziare sulla taiga, sulle caratteristiche colline rocciose, sui piccoli laghi che la punteggiano e sui numerosi corsi d'acqua che la attraversano. Cerchiamo di raggiungere anche un secondo picco roccioso, ma la pista è in condizioni disastrate: fango e buche non ci consentono di proseguire. Ritornati a Shira ci dirigiamo verso Novoselovo; ci fanno compagnia in questo angolo di Siberia, un susseguirsi di bacini lacustri, sulle cui rive, campeggi ed infrastrutture ora deserte, ospitano durante la stagione estiva i vacanzieri locali, e di poderi che si perdono a vista d'occhio. Ai molti già lavorati ed arati ne fanno seguito altri in cui enormi macchinari agricoli sono al lavoro per tagliare i gambi delle spighe rimaste dal raccolto precedente, che decine di contadini, grazie alla giornata di sole caricano sugli autocarri. E' ormai pomeriggio quando ci ritroviamo nuovamente sul tratto di statale M 54 percorsa all'andata; oltrepassata la grande diga sul fiume Yenisei di Divnogorsk ed il villaggio di Ovsyanska raggiungiamo la stazione ferroviaria di Krasnoyarsk dove lasciamo i bagagli in deposito, per proseguire alla volta dell'aeroporto Emelyanovo per espletare le pratiche di riconsegna dell'auto presso gli uffici di Avis Russia. Per ritornare in centro decidiamo di utilizzare l'autobus (n. 635) che ha una fermata di fronte alla stazione ferroviaria; recuperati i bagagli non ci resta che attendere l'arrivo del treno 099 proveniente da Vladivostok, previsto per le 20,30.
Lunedì 9 ottobre - Dopo 762 chilometri e dodici ore di viaggio, pochi minuti dopo le 9 concludiamo la nostra seconda tratta sui treni della Transiberiana, alla stazione ferroviaria di Novosibirsk, capitale della Siberia e terza città della Russia, per numero di abitanti, dopo Mosca e San Pietroburgo. Una città giovane, fondata nel 1893 proprio dai lavoratori che stavano costruendo un ponte ferroviario sul fiume Ob, in seguito all’espansione della linea ferroviaria che tuttora collega Vladivostok e l'estremo oriente russo con Mosca e la Russia europea. Noi, come avevamo già fatto in altre città, depositati i bagagli, raggiungiamo l'aeroporto Tolmachevo per ritirare l'auto noleggiata presso la locale agenzia di Avis Russia; non ci viene consegnata la solita Hyunday Solaris, ma con un upgrade gratuito una Hyunday Creta, piccolo suv già dotato di gomme invernali. Ritornati in città e recuperati i bagagli, ci dirigiamo alla chiesa dell'Ascensione che raggiungiamo a piedi. Squadrata ed insignificante all'esterno, si rivela molto bella, grazie agli affreschi policromi che la adornano, all'interno. Uno sguardo fugace, nel caotico traffico cittadino, alla centrale piazza Lenin dominata dall'imponente Teatro dell'Opera e nel primo pomeriggio, lasciamo Novosibirsk per portarci a Tomsk. Ci giungiamo percorrendo le statali M 53 e P 256, duecentosettanta chilometri su arterie percorse da un intenso traffico di mezzi pesanti, attraverso prati, boschi di betulle e negli ultimi chilometri, estese e fitte foreste in cui svettano pini altissimi. Alle 18 siamo in hotel, preso possesso della camera, usciamo a cena ed a piedi raggiungiamo un ristorante tipico molto apprezzato in città; dalle foto appese alle pareti constatiamo che ospiti illustri ci hanno preceduto: il presidente russo Vladimir Putin e la cancelliera tedesca Angela Merkel.
Martedì 10 ottobre - Sotto un cielo carico di nuvole scure e minacciose iniziamo la visita della città, una delle più antiche della Siberia. Fondata su decreto dello zar Boris Godunov, che nel 1604 inviò duecento cosacchi per costruire una fortezza a seguito di una richiesta di aiuto avanzata da un duca tataro che chiedeva protezione contro i predatori kirghisi, Tomsk è oggi un importante centro accademico e scientifico. Parcheggiata l'auto in Ulitsa Gagarina, a ridosso del parco Troitskiy, ci incamminiamo a piedi verso casa Atashev, bel palazzo dalla facciata molto elaborata e dopo esserci soffermati al monumento dedicato alla mamma ed al bambino in tempo di guerra, ci spostiamo in Ulitsa Tatarskaya dove sono presenti numerose case in legno, abbellite da finestre e cornicioni con raffinate decorazioni a intaglio di tipico stile siberiano; la via è un alternarsi di edifici ben conservati e di case in condizioni assai misere, abitate queste ultime, da persone di basso ceto sociale. In auto ci portiamo nei pressi della Cattedrale dell'Epifania, costruita nel 1784, sulle rovine di una vecchia chiesa lignea risalente al 1630 per raggiungere la chiesa Voznesenkaya, costruzione in stile gotico, situata su una piccola altura a cui si accede percorrendo Ulitsa Bakunina, una vecchia strada acciottolata. Passeggiamo per il caratteristico quartiere dalle sconnesse vie in pietra su cui si affacciano altrettanto vetusti edifici lignei fino a raggiungere il Museo storico, riconoscibile per la caratteristica torretta di osservazione. Proseguiamo lungo Ulitsa Lenina su cui si ergono la graziosa cappella Iverskaya che edificata ad immagine dell'omonima cappella situata nella Porta della Resurrezione di Mosca custodisce all'interno una icona dipinta dai monaci di Monte Athos, il vicino monumento a Lenin ed il Muchnoy Korpus, edificio dipinto a tinte vivaci, costruito nel 1908 su progetto dell'architetto Fishelya. Ancora una breve passeggiata lungo l'alberato viale Zagornaya e raggiungiamo un altro bel palazzo, oggi restaurato e trasformato in museo, che nel primo decennio del 1900 fu la dimora dello scrittore Vyacheslav Yakovlevich Shishkov. Ritornati all'auto, ci spostiamo in Ulitsa Voykova dove sorgono altre antiche case lignee in stile siberiano; sono oltre duemila le vecchie abitazioni censite, e di queste, settecento sono ritenute monumenti storici. Ultima tappa, i giardini Lagerny con l'imponente monumento dedicato ai Caduti della 2° guerra mondiale, che grazie alla sua posizione sopraelevata, sovrasta maestosamente il fiume Tom e la taiga sottostante. Nel pomeriggio riprendiamo la strada per Novosibirsk; è molto trafficata e numerosi sono i radar per il controllo della velocità posizionati dalla polizia. In poco più di tre ore raggiungiamo la periferia della città; percorrendo i larghi viali a senso unico dove il traffico è come sempre, molto intenso, raggiungiamo il Marins Hotel, albergo risalente all'epoca sovietica oggi interamente rimodernato; ci viene assegnata una camera al 21° piano da cui si gode, ormai prossimi al tramonto, una vista spettacolare sulla sottostante stazione ferroviaria, sul fiume Ob e su buona parte della città.
Mercoledì 11 ottobre - Dopo un ultimo sguardo al cielo plumbeo che ingrigisce la stupenda vista panoramica, ci dirigiamo in piazza Lenin, dove nei giardini antistanti il Teatro statale dell'Opera e del Balletto, edificio in stile neoclassico sormontato da cupole argentate le cui dimensioni surclassano quelle del più famoso Teatro Bolshoi di Mosca, sorge l'imponente monumento dedicato a Vladimir Ilic Uljanov (Lenin) e a coloro che furono la vera forza della Rivoluzione Sovietica: i suoi sostenitori. Proseguendo lungo Krasnyy Prospekt ci dirigiamo alla cappella di San Nicola: edificata nel 1914, demolita negli anni '30 del secolo scorso è stata ricostruita nel 1993 in occasione del centenario della città. Ci rimane ancora da visitare la cattedrale Alexander Nevsky, eretta nel 1898, in stile neo-bizantino, primo edificio di Novosibirsk ad essere stato costruito in muratura, facilmente riconoscibile per il rivestimento esterno in mattoni rossi e per la grossa cupola dorata; dopo essere stata chiusa in epoca sovietica, è stata riconsacrata al culto ortodosso nel 1991. Al nostro arrivo è in corso una funzione religiosa; non essendo possibile risalire la navata per ammirarne gli affreschi, ci fermiamo per pochi minuti al fondo della chiesa. Abbiamo parcheggiato l'auto in mezzo ad altre vetture lungo Krasnyy Prospekt e rimaniamo stupiti ed interdetti quando uscendo sul sagrato vediamo la vettura sul pianale di un carro attrezzi che si sta allontanando; correndo ci dirigiamo verso la strada ma veniamo subito fermati da una persona che afferma di essere un taxista in grado di farci recuperare l'auto. Saliamo sulla sua vettura, che a parte l'insegna sul tetto poco ha del taxi; per un breve tratto seguiamo il carro attrezzi che ad un incrocio si ferma giusto il tempo di consegnare un foglio al nostro autista. Gli chiediamo chiarimenti: ci risponde che dobbiamo consegnargli i documenti della vettura perchè solo lui può sbrigare le pratiche per il recupero. Non gli crediamo, le parole e le argomentazioni che usa invece di spaventarci, ci insospettiscono; per rendersi maggiormente credibile compone un numero sul cellulare e ci esorta a parlare con una donna che asserisce di essere un agente di polizia. Noi intanto chiamiamo Avis Russia per avere un supporto su quanto ci viene detto ma l'aiuto nonostante varie telefonate è quasi nullo; dobbiamo sbrigarcela da soli. Insistendo ci facciamo portare alla stazione di polizia in cui si trova l'ufficio che si occupa delle vetture rimosse, situato in periferia lungo la strada per l'aeroporto. Con qualche difficoltà, per via della lingua, riusciamo ad ottenere dall'agente di servizio, il verbale per il rilascio dell'auto che nel frattempo è stata portata in un deposito dall'altra parte della città. Risaliamo sul taxi; le telefonate tra l'autista e la sedicente "poliziotta" sono sempre più incalzanti con la donna che insiste nell'intimarci di consegnare i documenti dell'auto ed il verbale per il ritiro del mezzo al taxista, a cui dobbiamo lasciare ogni incarico, in quanto sarà lui che dovrà provvedere al pagamento della sanzione dopo che gli avremo consegnato la bella somma di trecento dollari. Prendiamo tempo ed insistiamo affinchè il tizio ci porti al deposito e nel contempo facendo finta di non capire quello che lui e la "poliziotta" al telefono ci dicono, ci facciamo ripetere ogni cosa più e più volte, cercando di guadagnare più tempo possibile ed avere così la possibilità di giungere a destinazione. Riusciamo nel nostro intento ed al deposito ritroviamo la nostra auto. Ad una cassa automatica paghiamo il costo della rimozione (1750 rubli, circa ventisei euro) ed ottenuta la ricevuta possiamo rientrare in possesso dell'auto, liquidando il taxista con quello che noi riteniamo corretto avendoci comunque scorrazzato per la città per quasi tre ore. Capisce di aver perso la partita, si arrabbia, ma quanto capitatoci, a noi è sembrata una combine tra taxista, sedicente poliziotta, ed autista del carro attrezzi. Il tizio facilmente riconoscibile per i marcati tratti somatici caucasici, lo avevamo già notato nel cortile antistante la cattedrale Nevsky; noi riteniamo che fosse un taxista abusivo colluso con l'autista del carro attrezzi. Ci è sembrato molto strano che in meno di cinque minuti il mezzo per la rimozione sia potuto giungere sul posto, che abbia caricato proprio la nostra auto parcheggiata in mezzo ad una decina di altri veicoli, che il taxista sapesse che quella era proprio la nostra vettura e che la poliziotta sia rimasta al telefono con noi per oltre un'ora cercando di parlarci sia in inglese che in italiano, quando tutti gli agenti di polizia con cui abbiamo avuto a che fare sono stati molto sbrigativi e ci hanno dedicato solo pochi istanti del loro tempo. Ora possiamo riprendere il viaggio; abbiamo accumulato un notevole ritardo, non ci resta che prendere l'autostrada federale R 256 più conosciuta come "Chuysky Trakt" e dirigerci verso Barnaul. C'è molto traffico, tantissimi autocarri e nei primi cento chilometri dove la strada è a doppia carreggiata anche moltissimi radar per il controllo della velocità. Attraversiamo prati, campi lavorati, radi boschi di betulle; dopo oltre sei ore di viaggio giungiamo a Chemal, nostra destinazione odierna.
Giovedì 12 ottobre - Seguendo il consiglio di Tatiana, la proprietaria della guest-house in cui abbiamo trascorso la notte, risaliamo la valle in direzione di Elanda per recarci a Chi Chustsy, punto panoramico, dove la vista spazia sulla vallata percorsa dal fiume Katun e che si raggiunge percorrendo un ripido sentiero lungo il crinale della montagna. Ritornati a Chemal, ci mettiamo alla ricerca del suggestivo isolotto di Patma su cui sorge la piccola chiesa di Ioanna Bogolova, che riusciamo a raggiungere grazie ad una signora, a cui diamo un passaggio in auto. Ci arriviamo, percorrendo un dedalo di viuzze che portano a semplici costruzioni in legno, parte integrante di un convento di suore dell'ordine dei vecchi credenti, in mezzo alle quali si imbocca la passerella sospesa che permette di superare il braccio di fiume che separa l'isolotto dal resto del villaggio. E' minuscola e semplice la chiesa di Ioanna Bogolova, ma presenta una caratteristica icona incassata nella roccia accanto alla testata del ponte. Risaliamo in auto; ci attende la più antica via di comunicazione tra il cuore della Siberia e l'Asia, la "Chuysky Trakt", strada che dopo aver attraversato la regione degli Altaj termina al confine con la Mongolia. Per lunghi tratti deserta, regala paesaggi spettacolari attraversando molte delle tipiche zone naturali russe: la steppa, la steppa forestale, la taiga. In un alternarsi di pascoli con mucche, cavalli e piccoli greggi di pecore e di boschi di larici, pini e betulle, superiamo passo Seminsky per scendere tra declivi innevati ai 1.295 metri del passo di Chike-Taman e raggiungere l'ultimo centro abitato prima della frontiera, Kos Agach. Anche la temperatura è calata rapidamente; le acque ferme di laghetti e corsi d'acqua ce lo confermano: sono gelate.
Venerdì 13 ottobre - Lasciamo l'hotel con il termometro che segna - 9° per attraversare la steppa desertica di Kok Plateau. Dopo aver seguito per un breve tratto la R 256, strada asfaltata che porta alla frontiera con la Mongolia, proseguiamo su ciò che rimane della pista d'atterraggio in cemento di un vecchio aeroporto fino a raggiungere la pista sterrata che conduce al complesso megalitico di Tarkhata. Sulle rocce dovrebbero essere incisi dei petroglifici che però non riusciamo ad individuare pur avendo rintracciato i massi disposti in modo da formare un ampio cerchio e che sono situati poco prima del posto di polizia oltre il quale si può accedere solo con specifici permessi. Ritornati a Kos Agach, proseguiamo in direzione di Kokorya, rustico e suggestivo villaggio situato ai piedi delle montagne che circondano l'altipiano; oltre non possiamo proseguire, siamo costretti a porre termine alla scoperta della suggestiva distesa desertica di Kok Plateau e riprendere la "Chuysky Trakt" per fare ritorno a Novosibirsk. Ci fermiamo a Chagun Ugun, dove il fiume per buona parte gelato attraversa una panoramica gola ai piedi di montagne di roccia rossa e superato il passo di Chike-Taman, a Kalbac Tash, dove sulle rocce vicino alla strada è possibile vedere delle incisioni rupestri risalenti all'età del bronzo. Alcune sono ancora ben visibili, altre sono parzialmente erose dagli agenti atmosferici; ritraggono animali (cervi, cavalli, mucche), cacciatori, scene di vita quotidiana, iscrizioni runiche e simboli solari che fanno supporre che il luogo sia stato usato anche come osservatorio astronomico. Lasciamo la steppa, per inoltrarci nella valle dalle tipiche connotazioni alpine, con boschi e monti innevati che si stagliano in lontananza. Superati i 1.717 metri del passo Seminsky ed il caratteristico villaggio di Barangol affrontiamo la lunga discesa che porta all'incrocio con la strada per Chemal; noi proseguiamo verso Gorno Altaisk, capoluogo della repubblica dell'Altaj, fermandoci a pochi chilometri dalla città, in una guest-house situata lungo la statale. A Gorno Altaisk, distante una quindicina di chilometri, ci rechiamo in serata; con il calare delle tenebre e l'accensione degli impianti di riscaldamento, un'acre cappa di fumo, dovuta all'uso di legna e carbone, aleggia sulla città rendendo l'aria irrespirabile.
Sabato 14 ottobre - Con la temperatura ancora abbondantemente sottozero (- 8°) lasciamo Rybalka per proseguire il viaggio di ritorno verso Novosibirsk; il traffico inizialmente scarso che incontriamo sull'autostrada federale R 256 diventa sempre più intenso e congestionato fino a tramutarsi in lunghe code avvicinandosi al centro della capitale siberiana. Ci dirigiamo alla stazione ferroviaria dove lasciamo i bagagli in deposito per poi proseguire alla volta dell'aeroporto Tolmachevo dove riconsegniamo l'auto noleggiata agli uffici di Avis Russia. Per il ritorno in città decidiamo di utilizzare l'autobus n. 111 che in quarantacinque minuti ci deposita nuovamente di fronte alla stazione ferroviaria; ne approfittiamo per recarci al primo binario e vedere un singolare monumento che rappresenta una famiglia nell'atto di salutare i soldati in partenza per il fronte durante il secondo conflitto mondiale. Abbiamo ancora il tempo di assistere alle operazioni di carico del carbone utilizzato per scaldare l'acqua contenuta nei samovar, tipici bollitori situati nei corridoi di ogni vagone ferroviario e di recarci alla buffetteria dell'hotel Marins, per gustarci uno spuntino, prima di affrontare l'ultimo trasferimento a bordo di un treno della Transiberiana. Alle 18,15 siamo alla piattaforma quattro dove ad attenderci, c'è il convoglio 029 appena giunto da Tomsk e diretto a Mosca; per noi sarà la tratta ferroviaria più lunga: 1.525 chilometri e diciannove ore di viaggio.
Domenica 15 ottobre - Una bella giornata di sole ci accoglie al nostro risveglio; siamo nuovamente soli nello scompartimento, le persone con cui lo abbiamo condiviso, stewards di una compagnia aerea locale, saliti in tarda serata alla stazione di Barabinsk sono scesi poco dopo l'alba a Tyamen. Pochi i passeggeri rimasti sul treno, sia la nostra carrozza che quelle adiacenti hanno molte cuccette libere. Dopo aver attraversato la regione di Tjumenskaja, una zona di vaste praterie con laghi e paludi che dal confine con il Kazakistan si estende fin oltre il circolo polare artico, nel primo pomeriggio arriviamo a Ekaterinburg, città rimasta inaccessibile agli stranieri fino al 1990 per la presenza di numerosi insediamenti militari e famosa per essere stata il luogo in cui i bolscevichi fucilarono la famiglia reale dei Romanov e per aver visto gli esordi della carriera politica dell'ex presidente sovietico Boris Eltsin. Utilizzando la metropolitana, ci dirigiamo a Geologischeskaya e dopo aver lasciato i bagagli in hotel, raggiungiamo il centro città. Percorriamo Ulitsa Lenina fino a raggiungere il quartiere di Plotinkaya, luogo in cui nel 1723 sorse il primo nucleo cittadino e dove si trovano l'Istorichesky Skver, la piazza storica su cui sorge la Torre dell'Acqua, il monumento dedicato ai Fondatori di Ekaterinburg e palazzo Rastorguev.
Lunedì 16 ottobre - Anche per visitare la regione degli Urali ci muoveremo in automobile e così ci dirigiamo alla fermata dell'autobus n. 1 posta su Ulitsa Dekabrista per raggiungere l'aeroporto Koltsovo dove alla locale agenzia di Avis Russia, ritiriamo l'ultima auto a noleggio di questo viaggio. Lasciata l'aerostazione imbocchiamo la vicina tangenziale che ci consente di evitare l'attraversamento della città e di raggiungere i villaggi di Shuvakish e di Kirpichny, nelle cui vicinanze si estende la foresta di Ganina Yama. Qui, tra boschi di betulle, agli inizi del XXI° secolo, la chiesa ortodossa russa ha fatto erigere il Monastero dei Sacri Portatori della Passione Imperiale, complesso monastico costituito da sette chiese lignee costruite attorno ad una vecchia miniera abbandonata, il luogo in cui, nel 1979, vennero rinvenuti i resti dello zar Nicola II, della zarina Alexandra Fyodorovna e dei loro cinque figli assassinati dai bolscevichi a Ekaterinburg, il 17 luglio 1918 e le cui spoglie ebbero degna sepoltura nella Fortezza di Pietro e Paolo a San Pietroburgo, venti anni dopo. Attraversiamo il vasto parco, percorrendo i tortuosi vialetti lungo i quali si trovano i monumenti eretti in ricordo dei membri della famiglia reale, per raggiungere le chiese edificate in stile siberiano, ognuna con caratteristiche costruttive diverse ma tutte ugualmente impreziosite da interessanti iconostasi. Raggiungiamo accanto alla miniera, la chiesa di San Nicola, caratterizzata da diciassette cupole sormontate da altrettante croci che le conferiscono un aspetto sorprendentemente solenne, nonostante la sua altezza sia di soli diciassette metri; numero che vuole ricordare il giorno (17 luglio) in cui i reali furono uccisi. Ci spostiamo quindi alla chiesa dei Santi Martiri Reali o come viene chiamata nel monastero al "tempio reale", la chiesa più vicina alla miniera, trovandosi l'altare proprio accanto ad uno dei punti in cui vennero dati alle fiamme i corpi dello zar e della sua famiglia. E' stata la prima ad essere stata consacrata ed è dedicata a tutti i membri della famiglia reale accomunati dallo stesso destino. Proseguiamo la visita con la chiesa eretta in onore dell'icona della Madre di Dio Sovrano: è la più spaziosa, la più alta e la più recente essendo stata riconsacrata nel 2013 dopo che un incendio la distrusse nel 2010. Un altro edificio interessante è la chiesa di San Serafino di Sarov, costituita da due cappelle: quella superiore consacrata a San Serafino e quella inferiore, utilizzata dai monaci che qui si ritrovano a leggere le sacre scritture, dedicata ad una icona della Madre di Dio chiamata "la tenerezza". E poi la chiesa di San Sergio di Radonez costruita su più livelli, esempio atipico di architettura ecclesiastica russa. Terminata la visita facciamo rientro in città e lasciata l'auto nel Quartiere Letterario, tra antiche costruzioni in legno oggi trasformate in musei dedicati a scrittori locali, raggiungiamo la Cattedrale sul Sangue, la chiesa eretta all'inizio di questo secolo nel luogo in cui sorgeva la vecchia Dom Ipatev, edificio demolito nel 1977, nelle cui cantine venne assassinata la famiglia imperiale e che nei sotterranei ospita un museo dedicato alla loro storia. Lasciata la cattedrale, esempio di architettura neo-bizantina e meta di pellegrinaggio per tanti fedeli russi, ci rechiamo alla vicina casa Rastorguev per poi raggiungere la piazza storica con il bacino e la Torre dell'acqua, una delle strutture cittadine più antiche e la piccola cappella dedicata alla granduchessa Yelizaveta Fyodorovna. Ci spostiamo quindi al colorato palazzo Sevastynov, costruito nella prima metà del XIX° secolo sulle sponde dell’Iset e situato su Ulitsa Lenina, l’arteria principale di Ekaterinburg, da cui raggiungiamo piazza 1905 Goda, la più importante della città, su cui sorgono il municipio ed una grande statua di Lenin. Terminiamo la nostra visita in Ulitsa Vaynera, strada pedonale disseminata di sculture e negozi conosciuta come l'Arbat degli Urali, in cui sono presenti numerosi palazzi d'epoca.
Martedì 17 ottobre - Con un pallido sole che cerca di farsi largo senza successo fra le nuvole, districandoci nel caotico traffico mattutino lasciamo la città per raggiungere la E 22, la strada che collega Ekaterinburg a Perm e che unendo aree industrializzate, è percorsa da tantissimi mezzi pesanti. A Kundur lasciamo la trafficatissima statale per percorrere strade secondarie che si addentrano tra immensi campi coltivati, terreni per il pascolo degli animali, piccoli boschi di betulle e rustici villaggi agricoli in cui sembra che il tempo si sia fermato. Dalla pianura ci appare già in lontananza in tutta la sua maestosità, il monastero di Belaya Gora imponente complesso religioso costruito sulla sommità di una solitaria collina, la cui sagoma si staglia imponente nel cielo. Mentre l'esterno è elaborato, l'interno è semplice e spoglio; alla chiesa si accede da un ingresso situato nel seminterrato, il che dà un aspetto provvisorio all'intero edificio. Riguadagniamo la E 22 per percorrere gli ultimi sessantacinque chilometri che ci separano da Perm, la maggiore città industriale degli Urali, dove arriviamo nel pomeriggio. Trovato l'hotel, usciamo a piedi e seguendo la linea dipinta sui marciapiedi che congiunge in un percorso ideale tutti i monumenti più significativi della città, percorriamo le vie del centro per ammirare il Teatro dell'Opera e del Balletto di Tchaikovsky, casa Gribushin e molte delle antiche dimore di Ulitsa Siberskaya, case d'epoca costruite tra il XVIII° e XIX° secolo, appartenute a ricchi mercanti. Ristrutturate e dipinte a tinte vivaci ravvivano l'atmosfera cupa e grigia della città, al pari di graffiti e murales che colorano i muri di cinta dei tanti severi e disadorni edifici costruiti in epoca sovietica.
Mercoledì 18 ottobre - Sotto un cielo carico di nuvole scure che minacciano pioggia, attraversiamo la città ed oltrepassata la moschea, luogo di preghiera della comunità tatara, appariscente nella sua colorazione verde con decorazioni bianche, lasciamo Perm per dirigerci verso Palazna. Pur non essendo un'arteria principale, la strada è assai trafficata e percorsa da molti mezzi pesanti; attraverso colline boscose, prati incolti e zone lacustri sulle cui sponde sorgono piccoli villaggi rurali, accolti da una pioggia insistente, giungiamo a Kalino, dove, all'estrema periferia del villaggio, lungo le rive del fiume Kama, si trova quella che era una colonia penale di massima sicurezza per detenuti condannati per crimini contro lo Stato: il Gulag Perm 36. Faceva parte di un arcipelago di strutture distribuite in tutto il paese e vi si poteva essere reclusi per i più disparati motivi. Oggi è stato trasformato in museo ed in luogo della memoria, per onorare il ricordo delle vittime della repressione politica; qui dissidenti, disertori, difensori dei diritti umani, oppositori del regime comunista, scrittori e scienziati soffrivano e morivano. Dei tre campi di detenzione, presenti nella regione, denominati Perm 35, 36 e 37, il gulag Perm 36 è l'unico rimasto ed oggi visitabile; aperto nel 1946 venne definitivamente chiuso il 16 dicembre 1987. Era composto da due campi distinti, distanti cinquecento metri l'uno dall'altro; nel primo erano custoditi i prigionieri condannati ai lavori forzati che svolgevano la loro attività all'aperto e per questo venivano condotti a lavorare nei boschi per tagliare alberi d'alto fusto che via fiume venivano inviati dapprima a Perm e successivamente in altre città sovietiche. Il secondo complesso, di costruzione più recente, ospitava coloro che erano ritenuti elementi di estrema pericolosità per il regime; i reclusi vivevano segregati all'interno del carcere e lavoravano in celle attigue a quelle in cui dormivano. Li visitiamo entrambi camminando fra i diversi padiglioni che avevano ospitato gli uffici ed i locali dei militari di guardia oltre a quelli in cui erano rinchiusi i detenuti. Entrambi sono circondati da alti steccati di legno che non permettevano alcuna vista all'esterno e da reticolati con linee elettriche che impedivano a chiunque di avvicinarsi. Alcuni edifici del campo di massima sicurezza, risalenti al periodo del regime staliniano, sono rimasti intatti: una delle quattro baracche costruite nel 1946, un reparto d’isolamento, un bagno comune con la lavanderia, i quartier generali interni, la torre idrica; tutte strutture che si trovano nella zona dove alloggiavano i prigionieri. Nell’area dove i detenuti lavoravano, si sono conservati un’officina, una segheria, un locale caldaie, una torre di controllo, una centrale elettrica, alcuni laboratori e gli edifici amministrativi. Ci ha accompagnato nella visita, durata oltre tre ore, Sergej; di origini ucraine, ha vissuto in prima persona il dramma del gulag avendo avuto il padre internato. Sono state le sue spiegazioni, i suoi racconti, le sue emozioni e la sua commozione nel ricordare la figura paterna che hanno reso la nostra visita oltre che interessante, molto intensa. Nel primo pomeriggio, accompagnati da una pioggia sempre più insistente , ci rimettiamo in viaggio lungo la strada 57K-011. Nel tardo pomeriggio dopo aver attraversato i villaggi di Cusovoj e Kutisva, zone collinari, boschive e prati, giungiamo a Nevyansk per visitare l'imponente Cattedrale della Trasfigurazione del Salvatore, impreziosita da una importante iconostasi e la vicina torre pendente che si inclinò durante la sua costruzione, a metà del XVIII° secolo.
Giovedì 19 ottobre - Nel traffico intenso ma scorrevole del mattino, raggiungiamo l'aeroporto Koltsovo, situato ad una ventina di chilometri da Ekaterinburg. Ci dirigiamo al terminal degli arrivi per espletare, presso l'ufficio della società di autonoleggio Avis Russia le pratiche per la riconsegna della vettura; dopo aver effettuato il check-in non ci resta che attendere al gate la chiamata del volo, previsto per le ore 12,00, che ci riporterà a Mosca.
Il resoconto da giovedì 19 settembre a domenica 22 ottobre si trova nella sezione Federazione Russa - Mosca
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