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INDIA - Punjab
 
 
" Nella terra dei Sikh "

Dopo essere rimasto a lungo interdetto al turismo per le attività di gruppi estremisti sikh, il Punjab, stato di passaggio per il Pakistan e le zone montane dell'Himachal Pradesh e del Kashmir, ha nel Tempio d'oro di Amritsar, cuore pulsante della religione sikh, luogo di pace di straordinaria bellezza ed in Attari, villaggio di confine, in cui si tiene ogni sera per la chiusura della frontiera, una cerimonia condotta con fiero nazionalismo da militari in alta uniforme, le località di maggiore interesse.


Il resoconto da giovedì 13 settembre a giovedì 4 ottobre si trova nella sezione India - Ladakh

Venerdì 5 ottobre - E' ancora buio e la temperatura è di un solo grado centigrado quando arriviamo all'aeroporto, base militare utilizzata anche per voli civili. Ai primi chiarori, scrutiamo preoccupati il cielo interessato da continue variazioni meteorologiche; un susseguirsi di nuvole basse e spesse, di banchi di nebbia e di squarci d'azzurro. Confidiamo nelle condizioni meteo; solo con tempo bello ed assenza di vento, l'aeroporto di Leh è aperto al traffico aereo. Con i primi raggi di sole, vediamo atterrare a distanza di pochi minuti l'uno dall'altro, un quadrimotore militare e gli aerei di Air Deccan, Jet Airways ed Indian Airlines. Superati i controlli di sicurezza, alle 7,40 siamo pronti per decollare. Sorvoliamo a bassissima quota il monastero di Spitok, che si erge su un picco roccioso poco oltre il termine della pista e per un lungo tratto la valle dell'Indo a cui si succedono vette innevate, morene e ghiacciai appartenenti alla catena himalayana. Uno spettacolo grandioso. Superati i contrafforti himalayani, avvolta nella bruma mattutina ci appare la pianura; quaranta minuti di volo ed atterriamo a Jammu. Usciamo dall'aeroporto, anch'esso base militare; lo sbalzo termico è notevole, dal grado di Leh siamo passati ai venticinque gradi centigradi della capitale dello Jammu & Kashmir. Ci mettiamo alla ricerca di un taxi, ma riusciamo a recuperare solamente un motorisciò; "l'apecar wallah" riesce a sistemarci tutti sul suo trabiccolo; tre passeggeri e quattro bagagli fra sedili posteriori e bagagliaio ed il sottoscritto su una panchetta al suo fianco. Ci dirigiamo alla stazione ferroviaria dove acquistiamo i biglietti per l'espresso n° 8102, "Muri Express", delle 14,30 diretto ad Amritsar. Abbiamo l'intera mattinata a disposizione e ne approfittiamo per dare uno sguardo, questa volta a piedi, ai dintorni. Jammu, è una città moderna, con larghi viali, alberghi e palazzi che ospitano empori e negozi, in cui Adriana e Daniela colgono l'opportunità di effettuare alcuni acquisti. In stazione attendiamo l'orario di partenza osservando la gente che come noi è in attesa del proprio convoglio, un universo di usi e costumi sempre interessante ed affascinante. Dopo un tranquillo viaggio attraverso la campagna coltivata del basso Kashmir e del Punjab, alle 19,15 siamo alla stazione di Amritsar; in taxi raggiungiamo il cuore della città vecchia dove ci sistemiamo in un hotel nei pressi del Golden Temple. Nelle strade tantissima gente; non siamo più abituati, dopo la pace e la tranquillità del Ladakh, alla ressa indiana. Decidiamo di fare una prima visita serale al Tempio d'oro, il luogo sacro per eccellenza della religione sikh. Ci fermiamo nei pressi del giardino antistante la Guru ka Langar, la mensa comunitaria, ad osservare il continuo andirivieni di fedeli di ogni sesso ed età. Siamo circondati dalla gente; puntati su di noi gli occhi di decine di persone provenienti soprattutto dai piccoli villaggi al di fuori delle rotte turistiche, che con fare curioso e stupito, ci guardano, ci scrutano, ci parlano. Per molti di loro, siamo noi la vera attrazione della serata.

Sabato 6 ottobre - Le strette vie della città vecchia stanno lentamente cominciando ad animarsi; Amritsar si sta risvegliando. Molti negozi sono ancora chiusi; troviamo aperta una pasticceria, ghiotta occasione per il breakfast mattutino a base di biscotti e paste secche. I vicoli, affollati ma non troppo, da pedoni, risciò (alcuni dei quali adibiti al servizio di "scuolabus" sono in attesa dei piccoli clienti per condurli a scuola), biciclette e da qualche motociclo, mi ricordano la piacevole atmosfera che si trovava nelle strade di Old Delhi, una decina di anni fa. Ci rechiamo al Tempio d'oro; fortunatamente non c'è la calca di ieri sera. Prima di varcare la soglia della torre dell'orologio, uno dei quattro ingressi al tempio, sotto gli sguardi attenti di folkloristici ma inflessibili guardiani armati di lunghe lance, coperto il capo e depositate le scarpe, attraversiamo le vasche per il lavaggio dei piedi, rispettosi delle norme che ne regolano l'accesso. Pochi passi e ci ritroviamo nel Parkarma, il largo passaggio lastricato in marmo che costeggia l'intero perimetro dell'Amrit Sarovar, la vasca sacra, al centro della quale raggiungibile dal Ponte dei Guru, si trova la costruzione dorata dello Sri Harmandar Sahib. Passeggiamo tranquillamente lungo il bordo della vasca sacra, prima di metterci in coda con alcune centinaia di fedeli sulla passerella coperta, arieggiata da decine di ventilatori, che conduce alla costruzione ricoperta da lastre d'oro che da il nome al tempio. Ci mescoliamo tra la folla; all'interno quattro sacerdoti leggono e cantano, ininterrottamente per l'intera giornata, brani tratti dal testo sacro dei sikh; salmi accompagnati dalla musica di un harmonium e di tamburi, che tramite altoparlanti vengono diffusi in tutto il complesso religioso. Entriamo nel tempio che presenta le pareti di marmo intarsiate con motivi floreali; in fila indiana transitiamo senza poterci fermare, a fianco dei sacerdoti e di fronte al Guru Granth Sahib, il libro delle Sacre Scritture del Sikhismo, custodito al centro della stanza su uno scanno, coperto da un tessuto damascato. Saliamo al piano superiore, alcuni fedeli sono raccolti in preghiera negli stretti passaggi della balconata che si affaccia sulla sala sottostante. Saliamo ancora e ci ritroviamo sul terrazzo che funge da tetto, ornato da piccole cupole rivestite d'oro. Ritornati sul Parkarma, decidiamo di uscire dal tempio e cercare un poco di refrigerio nelle ombreggiate stradine del bazar e nei vicoli della città vecchia, ora affollatissimi ed in piena attività. Nel pomeriggio ritorniamo al tempio, vi entriamo da una porta laterale che attraversa il giardino antistante la zona delle cucine; decine e decine di volontari stanno preparando il chapati ed affettando le verdure che messe a cuocere in enormi calderoni su grandi caldere alimentate da fuochi di legna, servono per cucinare il dhal. E' un'attività ininterrotta, ogni giorno vengono serviti gratuitamente ai pellegrini circa trentamila pasti; l'afflusso di fedeli è continuo, così come il rumore assordante provocato da altri volontari che in lunghe vasche lavano le stoviglie ed i vassoi metallici utilizzati per sfamare la gente. Ritornati sul Parkarma, attendiamo il tramonto osservando le preghiere e le abluzioni dei fedeli. Ci ritorniamo ancora dopo cena, per assistere alla cerimonia, in cui, il libro con le Sacre Scritture, portato in processione dai sacerdoti, viene trasferito all'Akal Takhat, sala del XVII° secolo in cui si riunisce il parlamento sikh, dove viene custodito durante la notte.

Domenica 7 ottobre - Mentre tutti rimangono in albergo, all'alba raggiungo il Tempio d'oro. Essendo domenica c'è molta gente; molti uomini sono già immersi nella vasca sacra per un bagno purificatore. Passeggio in una confusione sempre maggiore per il Parkarma; in angoli riparati e discreti mi fermo ad osservare il comportamento e le preghiere dei fedeli, attimi di tranquillità inframezzati dalle domande di ragazzi ed anziani, desiderosi di soddisfare la loro curiosità o di raccontarmi la storia del tempio. Dopo essermi ritrovato con gli altri ed aver fatto la prima colazione alla solita pasticceria, ci ritorniamo nuovamente tutti insieme, immersi in una calca multicolore di uomini, donne, bambini e sacerdoti. Un tourbillon di gialli, arancioni, bianchi, blu; i colori dei sari, delle tuniche e dei turbanti, tipici dei sikh. Dopo esserci recati a visitare il Sikh museum, una pinacoteca che illustra la storia dei sikh e delle lotte con moghul ed inglesi e la Gurdwara Baba Atal Ji, torre a pianta ottagonale di nove piani costruita alla fine del 1700 in memoria di Atal Rai, situata poco distante, ci dirigiamo al parcheggio dei taxi per cercare un mezzo che ci consenta di raggiungere Attari, villaggio ad una trentina di chilometri, al confine con il Pakistan. Mentre camminiamo veniamo avvicinati da Surinder Singh Pannu, che nel mostrarci la sua Tata Indica, si propone come autista. Dopo una breve trattativa, concordate le condizioni, partiamo. Percorriamo a passo d'uomo, le strette, caotiche ed affollatissime vie della vecchia Amritsar; lasciata la città attraversiamo la campagna coltivata a riso basmati, diretti ad Attari, ultimo villaggio indiano prima del confine. Parcheggiata l'auto, che ci attenderà per il rientro, proseguiamo a piedi nella fiumana umana diretta verso il confine. Non è ancora possibile accedere alle tribune. Quando l'accesso viene consentito, una folla scatenata si avventa nello stretto corridoio che transitando dietro le palazzine della dogana conduce allo spazio riservato al pubblico. Anche noi veniamo spinti, come tutti, nella calca; raggiunte le tribune, veniamo indirizzati ad una piccola area riservata agli stranieri ed alle personalità locali. Le tribune pakistane sono quasi deserte, poche decine di persone assistono alla cerimonia; sull'altro versante, una trentina di stranieri e qualche migliaio di indiani. Musiche assordanti, danze sfrenate di donne e ragazze, corse di ragazzini con la bandiera nazionale ed un tifo da stadio, fomentato dallo speaker della manifestazione, sono l'aperitivo per ingannare l'attesa prima della cerimonia. Al tramonto, intorno alle 17,30 ha finalmente inizio; i soldati in alta uniforme sfilano più volte davanti al proprio pubblico per dirigersi a passo di marcia, fra gli applausi, a chiudere i rispettivi cancelli. Si salutano, si stringono la mano ed ammainano le bandiere, per sfilare nuovamente fino ai corpi di guardia. Raggiungiamo l'auto per fare rientro ad Amritsar. Cominciano a calare le tenebre, l'ultimo tratto di strada lo percorriamo fra camion, moto e trattori che viaggiano, per lo più, a fari spenti e persone, che incuranti del buio camminano in mezzo alla strada ritenendo evidentemente di essere visibili come in pieno giorno. E' un vero miracolo non investirne alcuna.

Lunedì 8 ottobre - Dopo la consueta colazione in pasticceria ci rechiamo nuovamente al Tempio. Lo abbiamo già visitato tutto, dalle cucine ai saloni della mensa comunitaria affollati ad ogni ora del giorno, dal Parkarma ai templi, dal museo alle sale ospitate nelle costruzioni che circondano il bacino sacro, ma l'atmosfera che vi regna ed il contatto con la gente ne fanno un posto unico. Ci rechiamo all'ufficio della Northern Railways per prenotare i posti sul treno del pomeriggio diretto a Delhi. All'interno c'è un solo sportello aperto ed una ressa incredibile, decine di persone che si spingono in continuazione e che cercano di sopravanzarsi l'un l'altro fra litigi e lamentele. Non essendoci neppure lo sportello riservato alle signore, decidiamo di lasciar perdere e di raggiungere in motorisciò la stazione ferroviaria. Sfruttando la possibilità di acquistare i biglietti nella corsia riservata alle donne, in pochi minuti Adriana è allo sportello, purtroppo le prenotazione per il primo treno del pomeriggio sono chiuse e per quello successivo sono esaurite. Ritorniamo nella città vecchia affollata come mai. Oggi è la vigilia della festa per l'anniversario della nascita di un santo e le strade della città sono state addobbate con bandierine e strisce di carta colorata che pendono da migliaia di fili. Assistiamo ad una sfilata che paralizza il traffico della vecchia Amritsar; partendo dal Tempio d'oro, intere scolaresche provenienti anche da scuole e college di località limitrofe, sfilano in corteo accompagnati da bande musicali. Eseguono danze, canti e combattimenti con bastoni e sciabole che divertono molto gli abitanti del luogo che fanno crocchio intorno ai partecipanti, incitandoli. Ritirati i bagagli in hotel, cerchiamo di raggiungere in motorisciò la stazione degli autobus. Rimaniamo a lungo bloccati in un caotico ingorgo di biciclette, pedoni, risciò e moto a causa della sfilata; quando vi arriviamo l'autobus diretto a Delhi è appena partito. Dobbiamo aspettare il successivo. E' un vecchio rottame, con il pavimento corroso dalla ruggine, ammaccature ovunque ed i sedili, consunti e sdruciti senza più imbottitura. Ci vogliono caricare i bagagli ma viste le condizioni del mezzo, preferiamo ritornare alla stazione ferroviaria ed anche senza prenotazione cercare di prendere il treno n° 2498, "Shane Punjab" delle 15,10. Le code per acquistare i biglietti sono come sempre chilometriche, decidiamo di recarci direttamente al treno e di fare il biglietto a bordo. Non è particolarmente affollato, anzi ci sono molti posti disponibili. Ci accomodiamo ed al passaggio del capotreno, nel comunicargli che siamo senza biglietto, gli chiediamo se possiamo occupare i posti scelti. Ci chiede la destinazione, nel darci il benestare ci comunica che tornerà più tardi per l'emissione dei biglietti. In oltre sette ore di viaggio, tanto dura il tragitto da Amritsar a Delhi, non l'abbiamo più rivisto!!

Martedì 9 ottobre - Abbiamo deciso di noleggiare un taxi per l'intera giornata e di recarci a vedere ciò che in città non mai abbiamo visitato precedentemente. Camminando per Main Bazaar a Paharganj, veniamo contattati da diversi faccendieri, ma concludiamo la trattativa con un giovane signore che in disparte aveva seguito le varie discussioni e che dice di avere un'auto sua e di poterci accontentare. Concordato il prezzo raggiungiamo la sua vecchiotta e un po' malconcia Tata Indica. Si chiama Rakesh, originario del Bihar, uno degli stati più poveri del subcontinente indiano, si rivelerà una persona genuina, disponibile e sincera. Dopo una prima sosta al tempio hindu di Birla Mandir, attraverso i larghi viali di New Delhi, raggiungiamo Sansad Bhavan, palazzo circolare che ospita il Parlamento ed i vicini imponenti palazzi ministeriali del Secretariat, in cui vengono ricevute le delegazioni straniere. Sorgono sulla sommità di un basso rilievo su cui si erge anche la residenza ufficiale del Presidente indiano, il Rashtrapati Bhavan, palazzo dell'inizio del secolo scorso che ospitò i vicerè inglesi durante il periodo coloniale. Percorrendo Rajpath, scendiamo all'India Gate, arco di trionfo che ricorda i soldati indiani morti durante la prima guerra mondiale e nel conflitto afgano del 1919. Proseguiamo con la visita del Gandhi Memorial, museo allestito nella casa in cui il Mahatma Gandhi visse negli ultimi mesi di vita prima di essere assassinato ed in cui sono esposti alcuni oggetti a lui appartenuti; una interessantissima sezione multimediale ne illustra inoltre la vita, la filosofia, il pensiero. La tappa successiva è il complesso di Qutab Minar. Risalente all'avvento della dominazione musulmana in India, agli inizi dell'XI° secolo, racchiude monumenti di grande interesse; tombe, palazzi, la più antica moschea d'India ed il bellissimo minareto. Ritornando verso il centro della città, ci fermiamo nel quartiere di Bahapur, al Lotus Temple, il tempio a forma di fior di loto rovesciato, conosciuto come Bahai Temple, dal nome del credo che rappresenta. E' una grande e moderna struttura architettonica, costruita in cemento e marmo bianco, circondata da nove vasche e composta da ventisette grossi petali che raggiungono i trentacinque metri di altezza. Strada facendo, Rakesh ci chiede se può condurci in un paio di negozi, in cui gli danno per ogni visita cento rupie di mancia, denaro che gli consente di incrementare il suo guadagno e di pagarsi benzina e parcheggi. Lo dice con una sincerità, una serenità ed un'onestà che non possiamo rifiutare. Lo accontentiamo, ma non acquistiamo nulla; Adriana e Daniela gli ultimi acquisti li faranno domani, agli empori che già conosciamo e che hanno prezzi migliori. Ci facciamo portare a Raj Ghat, il luogo in cui il Mahatma Gandhi è stato cremato. Ci giungiamo al tramonto, l'atmosfera è resa ancora più suggestiva dal sole, una rossa palla infuocata che sta scomparendo dietro la piattaforma di marmo scuro su cui arde una fiamma perenne. Il luogo è meta di un continuo pellegrinaggio; a rendere omaggio a Gandhi, anche alcuni uomini che indossano strani copricapo con artigli, zampe di uccelli e corni di animali, provengono dall'Arunachal Pradesh dove numerose sono ancora le etnie che indossano abiti e copricapo tradizionali. Ritornando all'auto, attraversiamo il parco che circonda il ghat; lungo i viali gli alberi piantati nel corso delle loro visite ufficiali dai capi di stato di quasi tutto il mondo. Ormai è tardi e decidiamo di rientrare in hotel dando appuntamento a Rakesh per l'indomani.

Mercoledì 10 ottobre - Alle 9 ci incontriamo nuovamente con il nostro taxista a cui abbiamo chiesto di essere disponibile per mezza giornata. E' raggiante; ieri sera quando gli abbiamo dato l'importo pattuito dopo averci ringraziato ripetutamente, ha mostrato il denaro all'immagine sacra della divinità hindu a cui è devoto e che tiene sul cruscotto dell'auto, ringraziandola. Ci rechiamo al Forte Rosso, che i nostri compagni di viaggio non hanno mai visto. Entriamo dalla Lahore Gate e superati i controlli passeggiamo nei giardini fra i padiglioni e le diverse sale; la Diwan-i-am, la sala delle udienze pubbliche e la Diwan-i-khas, in marmo bianco, utilizzata per le udienze private. Dirigendoci verso l'uscita notiamo tre auto con targa diplomatica ed un minibus che espone un cartello riportante la dicitura "delegazione italiana". La curiosità, come si sa, è femmina; Adriana chiede al personale del forte di cosa si tratta. La risposta è evasiva, forse un ministro italiano. Ancora più incuriosite, Adriana e Daniela, si dirigono rapidamente verso il Diwan-i-am, dove un gruppo di persone in abito scuro, con giacca e cravatta, sta parlando e rimirando la sala. Giunte nelle immediate vicinanze vengono repentinamente bloccate dal personale indiano di sorveglianza. Adriana senza pensarci un'attimo urla: "Presidente siamo italiane anche noi". Si tratta del ministro degli esteri, l'on. D'Alema che gentilissimo le invita a salire; la scorta si apre a ventaglio e salite sulla piattaforma della Diwan-i-am chiaccherano amabilmente scambiando alcune battute in un'atmosfera cordiale. Daniela chiede di scattare una foto. L'on. D'Alema estremamente disponibile, invita anche noi che stiamo tranquillamente sopraggiungendo ad unirci al gruppo, mentre un funzionario del seguito si presta in qualità di fotografo. Ci congediamo e proseguiamo la nostra visita, raggiungendo la vicina Jama Masijd, affollatissima di turisti, che tralasciamo di visitare, essendoci stati l'anno scorso, per dirigerci ai mercati delle vie adiacenti. In auto ci facciamo portare in Janpath Marg dove ci congediamo dall'autista che ritroveremo domattina; il pomeriggio è dedicato allo shopping che trascorriamo tra gli State Emporium di Baba Kharak Singh Marg, il vasto e fornitissimo Cottage Emporium di Janpath Marg ed i negozi di Connaught place e di Main Bazaar a Paharganj.

Giovedì 11 ottobre - Ci svegliamo nel cuore della notte e terminati i bagagli, alle 4,30 siamo in strada; Rakesh è di fronte all'hotel e sta cambiando una gomma forata poco prima. Le strade sono deserte ed in poco tempo siamo all'aeroporto; effettuato il check-in, superiamo con estrema celerità in un aeroporto semi-deserto i controlli di sicurezza. Ci sono solo tre voli in partenza; alle 8,15 su un aereo con pochissimi passeggeri a bordo decolliamo alla volta di Londra, da dove nel pomeriggio raggiungiamo l'aeroporto di Milano Malpensa.

 
 
 
 
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