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HAITI
 
 
" Haiti "

Estranea ad ogni rotta turistica, afflitta da gravi conflittualità sociali e politiche e da un alto tasso di povertà, Haiti, è terra di antichi riti ancestrali e di tradizioni che fanno da contorno a stupendi paesaggi, caratteristici villaggi ed antichi palazzi, testimonianze storiche di folli dittatori.


Sabato 27 dicembre - Dopo aver raggiunto Torino la sera precedente e pernottato a casa di Paola, già partita in auto per Parigi, alle 6,30 in taxi raggiungiamo l'aeroporto di Caselle dove ci imbarchiamo su un volo Alitalia diretto nella capitale francese. Dall'aeroporto "Charles de Gaulle" raggiungiamo in metrò l'hotel che ospita i nostri amici; approfittiamo della splendida giornata di sole, neppure troppo fredda, per passeggiare sugli Champs Eliseè e visitare la cattedrale di Notre Dame, il Beaubourg e Montmartre.

Domenica 28 dicembre - Congedatici dagli amici, che nella capitale francese trascorreranno le vacanze natalizie, ritorniamo in aeroporto. Con un volo Pan Am raggiungiamo Miami; passati i controlli doganali e l'ufficio immigrazione, ci alleggeriamo degli abiti invernali ed in attesa del volo per Santo Domingo giriamo l'immenso aeroporto americano alla ricerca degli uffici Hertz, così da non perdere tempo, quando al ritorno, dovremo ritirare la vettura già prenotata. Dopo uno scalo a Port au Prince, in serata giungiamo all'aeroporto "Las Americas" di Santo Domingo. In taxi iniziamo la ricerca di una camera negli hotel vicini all'aeroporto e nella zona di Boca Chica; solo dopo un lungo peregrinare troviamo posto in un motel di La Caleta. Con il taxista ci accordiamo affinchè l'indomani mattina ci riconduca in aeroporto; per un errore dell'agenzia di viaggi presso cui abbiamo acquistato i passaggi aerei, - ci aveva assicurato che il volo Miami - Santo Domingo era diretto e non faceva scalo nella capitale haitiana - ci vediamo costretti a percorrere per due volte la tratta Port au Prince - Santo Domingo con una perdita di tempo non indifferente.

Lunedì 29 dicembre - Ritornati all'aeroporto, ci imbarchiamo nuovamente sul volo Pan Am; il personale di bordo, lo stesso di ieri, ci riconosce e ci guarda stupito. Finalmente giungiamo a Port au Prince; dopo una lunga attesa al controllo passaporti, per la mancanza dei moduli da compilare, ci rechiamo negli uffici della Hertz, dove entriamo in possesso della vettura noleggiata, una nuovissima Mitsubishi Colt. Raggiungiamo il centro città e depositati i bagagli all'Hotel Prince, una bella casa coloniale trasformata in hotel, ci reimmergiamo nel caos e nel frastuono che ci avevano accolto all'uscita della zona aeroportuale. Il traffico è caotico, le strade stracolme di una variopinta moltitudine di gente, il frastuono incessante. I mezzi pubblici, camionette trasformate in pulmini, simili ai taxi della brousse africani, dipinti con disegni naif dai colori sgargianti, percorrono le strade strombazzando e con le radio a tutto volume. Iniziamo la visita dalla città bassa, la zona più affollata e più povera di Port au Prince, dove sono concentrati i pochi monumenti esistenti. Parcheggiamo nella piazza Champs de Mars che con l'attigua Piazza Heros de l'Indipendence costituisce il centro della città su cui si affacciano il Palais National, già residenza di Duvalier, il Mausoleo di Dessalines ed il Pantheon Nazionale mentre poco distante sorgono il monumento al Marron Inconnu, la Cattedrale e la chiesa della Santa Trinità. Ovunque immondizia e sporcizia; a pochi passi, il Marchè en Fer, dove si vende e si compra di tutto. Nel tardo pomeriggio scendiamo verso il porto ed il vicino quartiere di "La Saline", capolinea dei mezzi pubblici in partenza per tutto il paese. Lungo la strada, fra donne che vendono carbone, pollame e frutta, alcuni uomini che hanno caricato un camion con sacchi di carbone, dopo aver aperto i tombini, si lavano con l'acqua maleodorante e non propriamente pulita che vi scorre all'interno. Spettacolo per stomaci forti, ma che riflette la situazione di questa nazione dove l'approvvigionamento idrico è un grosso problema e la poca acqua disponibile viene dirottata verso gli hotel ed i quartieri residenziali.

Martedì 30 dicembre - Lasciato il centro della città saliamo a Petionville, il quartiere residenziale di Port au Prince dove numerose sono le case in stile gingerbread, per imboccare la strada per Kenscoff, villaggio montano, dove oggi si tiene il mercato settimanale. Lungo la strada sterrata, che si snoda tra colline ricoperte da una fitta vegetazione tropicale, vediamo gruppi di donne dirette al mercato; provengono dai villaggi vicini e camminano con grosse ceste sulla testa ed i bimbi sulle spalle. Passiamo l'intera mattinata a curiosare per il mercato assai vasto, in cui sono in vendita soprattutto prodotti agricoli e pollame. Prima di fare ritorno in città, saliamo in auto fino a Furcy, grazioso villaggio immerso in un paesaggio più consono ad un paese alpino che ad uno tropicale, che offre splendide vedute sul Massif de la Selle.

Mercoledì 31 dicembre - Lasciamo Port au Prince, per dirigerci a Jacmel, terza città per importanza del paese. Un tempo nascondiglio di pirati, è ora una cittadina con stradine anguste e molte case coloniali. Passeggiamo per le vie del centro; raggiungiamo il lungomare dove le palme si prolungano dalla spiaggia fino in mare mentre nel porto ormai in stato di abbandono, alcuni uomini stanno caricando un barcone ormeggiato in baia con sacchi di farina che si portano sulle spalle. Attraverso i giardini e rue de l'Eglise, giungiamo alla pensione Craft, bellissima casa in legno di stile coloniale, dal cui porticato, mentre ci sorbiamo una bibita fresca possiamo vedere la vita che anima il centro della piccola cittadina: le donne, i bambini ed il venditore ambulante di bibite, figura presente in tutto il paese. Anche la proprietaria della pensione è di per se stessa un personaggio, assomigliando alle "mamie" dei vecchi film americani. Percorriamo a ritroso la strada fatta in precedenza fino a Dufort, dove ci immettiamo su una bella strada asfaltata che attraversando minuscoli villaggi di pescatori, sorti in riva al mare, conduce a Les Cayes, cittadina che ospitò Simon Bolivar, in cui pensiamo di pernottare. Cerchiamo un hotel; l'unico in città è l'hotel Continental, un vecchio stabile, dove al piano rialzato, un enorme stanzone è stato diviso in minuscole camerette da sottili pareti in legno che non giungono al soffitto peraltro abbastanza alto. E' l'ultimo giorno dell'anno; festeggiamo, gustandoci in un piccolo ristorante, un ottima aragosta, crostaceo diffusissimo e a buon mercato. Facendo rientro in hotel, facciamo una sosta al mercato, estremamente caratteristico in quanto prosegue fino a notte fonda alla fioca luce dei lumi a petrolio.

Giovedì 1 gennaio - Ci alziamo all'alba dopo una notte quasi insonne per il trambusto fatto durante la notte da coloro che rientrando nelle proprie camere (ovvero lo stanzone) ed accendendo la luce, illuminavano l'intero piano. Piove, quando lasciamo Les Cayes, per la Grande Anse, la parte terminale della penisola che delimita a sud il golfo di Gonaive. Imbocchiamo la "214", una strada in terra battuta, in ottime condizioni fino a Camp Perrin, ma che peggiora con buche e guadi nel lungo tratto che attraversa il Massif de la Hotte. Ci ricompensano i posti che attraversiamo, i piccoli villaggi di capanne immersi nella foresta tropicale ed i panorami che ammiriamo. A metà mattino giungiamo a Jeremie, uno dei posti più belli del paese, città natale di Alessandro Dumas padre. E' nostra intenzione, fare in auto il periplo della penisola e ritornare a Les Cayes per la pista che costeggia il mare; la cartina in nostro possesso, riporta una strada sterrata ma le informazioni raccolte sono discordanti. Chiediamo ulteriori informazioni ad un taxista che troviamo in modesto bar dove ci gustiamo una squisita torta margherita; anche lui ci conferma che la cosa è possibile. Lasciamo Jeremie ed imbocchiamo la strada in terra che transitando nell'entroterra, sui monti Cartaches, attraverso Moron, ci riporta al mare a Dame Marie. La strada, si rivela ben presto essere una sconnessa pista sassosa da percorrere con un fuoristrada, piuttosto che in automobile. Non ci scoraggiamo, percorrendo a passo d'uomo i tratti peggiori, giungiamo a Dame Marie. La nostra fatica viene premiata; una pista molto bella si snoda ora lungo il mare. Il paesaggio è stupendo; un susseguirsi di spiagge, insenature, piccoli villaggi di pescatori, cimiteri isolati, il tutto in una cornice naturale veramente unica. Il turismo già poco sviluppato nel resto del paese, qui non è ancora arrivato e la presenza di persone dalla carnagione chiara è un fatto inusuale; siamo nel regno dei riti wodoo e la gente ci guarda con sospetto, quasi fossimo degli zombie. Alcuni bambini che ci raggiungono durante le soste che effettuiamo, mi tirano i peli del braccio; un bimbo, che ci guarda incredulo domanda all'adulto che lo accompagna: " Papà, les blancs, les blancs! Porquoi sont blancs? " ed il padre di rimando: " Ils sont malades, tres malades!" Ci sembra di vivere in un altra dimensione. Proseguiamo; la pista attraversa Rousselin, Bariadelle, Demarre ed Anse d'Hainault. All'uscita del paese non troviamo più la strada; ritorniamo in piazza per chiedere informazioni al posto di polizia. Dopo aver sottoposto ad un accurato controllo, documenti e vettura, i gendarmi ci ordinano di tornare indietro in quanto la pista non è percorribile in automobile ed in alcuni tratti non è stata ultimata. Peccato!! Speravamo proprio di non rifare il tratto da Dame Marie a Jeremie. Ritorniamo sui nostri passi, quando giungiamo a Jeremie il sole sta tramontando; decidiamo di ritornare a Les Cayes. La pioggia che in mattinata ci aveva abbandonato, la ritroviamo ora sul Massif de la Hotte; il mio pensiero va ai guadi che dobbiamo affrontare. Tutto procede bene; siamo ormai all'ultimo guado, affrontato dall'unico mezzo incrociato in tutto il giorno, il camion trasformato in bus che collega Port au Prince a Jeremie. L'acqua è un po' altina; controllo la posizione della bobina che fortunatamente è in un posto riparato e decido di tentare. Il guado è lungo una trentina di metri ed è costituito da una battuta di sassi e cemento; il muso della Colt sparisce sott'acqua ma fino a metà non ci sono grossi problemi. Ora bisogna risalire sull'altra sponda; la corrente è forte e sposta lateralmente la vettura mentre le ruote cominciano a pattinare sulla melma depositatasi sul cemento; un ultimo sforzo e siamo fuori. Ora non ci resta che percorrere l'ultimo tratto in terra battuta fino a Les Cayes, dove arriviamo alle 19. Laura, l'amica che mi accompagna in questo viaggio, si rifiuta di fermarsi all'hotel Continental e così puntiamo su Port au Prince dove arriviamo in serata.

Venerdì 2 gennaio - Dopo un buon sonno ristoratore ed un bagno in piscina, siamo ora in partenza per il nord del paese. La macchina che era irriconoscibile per il fango, di primo mattino è stata lavata dal giardiniere dell'hotel che ora staziona a fianco della vettura in attesa della meritata mancia. Imbocchiamo la statale verso St. Marc; la strada in ottime condizione transita nei pressi di alcuni villaggi turistici, non ultimo il Club Mediterranèe, mentre in lontananza si staglia il profilo dell'isola di Gonaive. Raggiungiamo Gonaives, culla dell'indipendenza del paese, fu qui che Dessalines proclamò nel 1804 la Repubblica di Haiti. La strada sempre ottimamente asfaltata, anche se ricca di curve e con un discreto traffico, attraversa i monti Balance, offrendoci in continuazione spaccati di vita locale; dai mercati che troviamo ogni qualvolta attraversiamo un villaggio, alla gente al pascolo con il bestiame o intenta a lavare i panni o se stessa nell'acqua dei fiumi. Giungiamo a Cap Haitien, la seconda città del paese; alla Barriere Bouteille, porta d'ingresso in città veniamo fermati al posto di polizia che con pignoleria controlla i documenti di chiunque entra in città per la prima volta. Ci rechiamo all'Hotel Beck, vecchia casa coloniale situata in collina, circondata da un bel parco, di proprietà di un tedesco, Mr. Beck. Nel pomeriggio decidiamo di andare alle spiagge di Cormier e di Mont Joli, quindi rientrando in città ci rechiamo alle rovine delle vecchie fortificazioni di Fort Picolet e di Fort Magny ed a ciò che resta del palazzo di Paolina Bonaparte. Passeggiamo per il centro cittadino ricco di gallerie d'arte in cui sono esposte le opere di pittori naif haitiani e ci rechiamo al solito folkloristico ed immancabile mercato.

Sabato 3 gennaio - Nei dintorni di Cap Haitien, è possibile ammirare ciò che resta di due opere faraoniche fatte erigere durante il suo folle regno da roi Christophe: il palazzo di Sans Souci e la Citadelle la Ferriere. In auto raggiungiamo Milot; dopo aver visitato le rovine della reggia di Sans Souci, fatta costruire sul modello del palazzo di Postdam e distrutta da un terremoto, imbocchiamo la ripida pista che sale verso lo spiazzo posto a metà montagna, punto di partenza del sentiero che porta alla Citadelle, fortezza situata ad un altitudine di 1.000 metri e raggiungibile a piedi o a dorso di mulo. Quando siamo quasi a destinazione, un tratto molto ripido e fangoso arresta la nostra salita, siamo subito presi d'assalto dai conducenti dei muli. Dopo una lunga trattativa, troviamo un accordo ed iniziamo la salita a dorso di mulo. In circa mezz'ora giungiamo al picco su cui si erge il monumento storico più singolare dei Caraibi: Citadelle La Ferriere, una fortezza a forma di nave con la prua ed i cannoni puntati verso il mare, fatta erigere ma mai utilizzata da roi Christophe, che temeva un improbabile attacco delle truppe napoleoniche. Oggi restaurata dall'Unesco è considerata una delle meraviglie del mondo.

Domenica 4 gennaio - Dopo una mattinata di tutto relax in piscina, lasciamo Cap Haitien. Ritorniamo a Port au Prince, dove all'aeroporto "Duvalier" riconsegnata la vettura, attendiamo il volo Pan Am, in arrivo da Miami. Mezz'ora di volo, e siamo nuovamente all'aeroporto "Las Americas" di Santo Domingo.

Il resoconto da lunedì 5 a domenica 11 gennaio, si trova nella sezione Repubblica Dominicana.

 
 
 
 
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