|
" La Rotta storica "
La rotta storica è l'itinerario che attraverso una delle zone paesaggisticamente più belle d'Etiopia, lungo strade che tortuose si inerpicano sull'acrocoro, tocca i più famosi siti storici e religiosi del paese; dalle spettacolari chiese medioevali scolpite nella roccia di Lalibela, alle chiese rupestri addossate a strapiombanti pareti rocciose del Tigray; dalle antiche stele di Axum, ai misteriosi castelli di Gondar; dai monasteri di Bahar Dar e del lago Tana, alle ambe che furono teatro di aspre e cruente battaglie durante il periodo coloniale italiano e che riportano alla mente un periodo, non troppo lontano, della nostra storia.
Il resoconto da venerdì 3 a sabato 18 ottobre si trova nella sezione Etiopia - Omo river
Domenica 19 ottobre - Tesfaye, il nostro autista, con la sua Toyota Land Cruiser, puntuale si presenta al Debre Damo Hotel per accompagnarci in questo tour di oltre 2800 chilometri nel nord del paese. Lasciata Addis Abeba ci dirigiamo verso Debre Berham sulla strada costruita durante il periodo coloniale dagli italiani; il paesaggio è assai diverso da quello incontrato al sud, siamo su un altopiano inframmezzato da gole e vallate. Si sale rapidamente oltre i 3.000 metri, l'aria è frizzante. Incontriamo i primi villaggi, le capanne costruite interamente in pietra hanno solo il tetto in legno e paglia. La strada originariamente asfaltata è ora in condizioni abbastanza precarie; al valico transitiamo sotto la Galleria Mussolini, una ripida discesa sterrata ed eccoci a Debre Sina. Ci concediamo una sosta, una visita al mercato locale e ripartiamo per Sembete ed il suo pittoresco mercato; insieme a quello di Bati che si tiene il giorno successivo è il più importante della regione. E' molto vasto, si estende sul fianco di un intera collina. C'è molta gente, appartengono alle due etnie che vivono in questa regione: gli Oromo e gli Amara. Le donne Oromo, belle, eleganti, in lunghi abiti dai colori viola, blu e nero, che impreziosiscono con vistose collane di vecchie monete, ci affascinano. Giriamo a lungo, prima di riprendere il viaggio per Kombolcha, dove pernottiamo.
Lunedì 20 ottobre - Decidiamo di apportare una variazione al programma; avremmo dovuto recarci a Bati per il mercato del lunedì, ma viste le condizioni delle strade e considerato che i mercati in Etiopia si animano intorno a mezzogiorno, preferiamo dirigerci direttamente a Lalibela. Lasciata Kombolcha la strada inizia a salire, alternando tratti asfaltati a tratti in rifacimento o sterrati. Ad Hayk, ci fermiamo al mercato locale; è presto, c'è poca gente, sono quasi tutte donne Amara che stanno approntando le merci in vendita. Sono molto cordiali, sorridenti, felici di farsi fotografare. Ci rimettiamo in viaggio. Dopo Woldia una lunga e spettacolare salita ci porta sull'altipiano; minuscoli villaggi interrompono la vasta radura, è un posto bellissimo, quasi magico. Lo attraversiamo; a pomeriggio inoltrato arriviamo a Bete Hor. La strada riprende a scendere, mancano una quarantina di chilometri alla meta odierna; improvvisamente nella luce dell'ormai prossimo tramonto si staglia di fronte a noi il profilo dei monti Lasta sui cui sorge Lalibela.
Martedì 21 ottobre - Usciamo poco dopo l'alba dall'hotel dove alloggiamo. Assistiamo ad un funerale, sono quasi tutte donne; indossano un abito bianco ed accompagnano un corpicino, portato a braccia, avvolto in un lenzuolo. Sul loro viso oltre al dolore, rassegnazione; in Etiopia la mortalità infantile è ancora elevata, e purtroppo anche cose da poco possono essere fatali. Dedichiamo l'intera giornata alla visita di uno dei siti storici e religiosi più importanti del mondo cristiano. Acquistato il biglietto che consente di visitare l'intero complesso, iniziamo la visita dalla chiesa di San Giorgio (Bet Giyorgis), dalla tipica architettura a forma di croce, probabilmente la più recente e la più fotografata essendo l'unica a non essere coperta dagli orribili tetti in lamiera che proteggono tutte le altre chiese dalle intemperie. Nella calda luce del mattino ci estasiamo di fronte alla raffinatezza delle sculture; difficile descrivere la bellezza e l’atmosfera che regna tra le undici chiese collegate tra loro da tunnel e trincee. Ci spostiamo agli altri edifici, che unici nella loro architettura, compongono il gruppo settentrionale; attraverso stretti cunicoli e gallerie, raggiungiamo la cappella di Bet Meskel, la chiesa di Bet Maryam, di pianta rettangolare con un interno a tre navate molto elaborato, la tomba di Adamo e l'imponente e maestosa Bet Medhane Alem, la più grande di Lalibela. Dopo aver accompagnato all'aeroporto Daniela e Roberto che rientrano in Italia, proseguiamo la nostra visita recandoci alle chiese che fanno parte del gruppo orientale; Bet Abba Libanos, la chiesa monolitica finemente scolpita di Bet Amanuel e quella affrescata di Bet Merkorios.
Mercoledì 22 ottobre - Anche stamani usciamo poco dopo l'alba; le strade di Lalibela sono ancora pressoché deserte, solo pochi mendicanti si sono già posizionati vicino all'ingresso delle chiese. Ci rechiamo al monastero dove in anguste celle scavate nel tufo vivono monaci ed eremiti. Decidiamo di andare a visitare una chiesa affrescata, nelle vicinanze di Lalibela. Dopo un paio d'ore di viaggio su una pista in pessime condizioni, arriviamo ad un villaggio nei cui pressi sorge la chiesa di Geneta Maryam. Con l'aiuto di Tesfaye, rintracciamo il guardiano che ci accompagna ad una chiesa scavata nella roccia, le cui pareti interne sono completamente affrescate. Ci soffermiamo a lungo ad ammirare gli affreschi mantenutisi in ottime condizioni; non altrettanto si può dire dei tappeti che ricoprono il pavimento e su cui bisogna camminare scalzi. Ridiscendiamo al villaggio, ci addentriamo per il piccolo mercato e quindi ritorniamo a Lalibela. Come rientriamo in hotel cominciamo a grattarci furiosamente, scopriamo
così di avere gli abiti infestati dalle pulci.!!! Dopo aver eliminato ciò che indossavamo e passato il pomeriggio a fare continue docce, riusciamo finalmente a debellare gli ospiti indesiderati.
Giovedì 23 ottobre - Albeggia, quando lasciamo Lalibela. Percorriamo a ritroso la strada fatta nei giorni precedenti; a Woldia ci immettiamo sulla vecchia strada costruita durante il periodo coloniale e che ora i cinesi stanno ampliando. Per le continue e profonde buche cede il collettore di scarico già danneggiato per la perdita di un supporto; per evitare danni ulteriori Tesfaye decide di fermarsi e di far riparare l'auto. Troviamo un meccanico in grado di effettuare la riparazione, saldando il pezzo rotto, al villaggio di Meswan. E' giorno di mercato; approfittando della sosta per la riparazione ci inoltriamo nel mercato, molto affollato. Ci rendiamo subito conto che siamo noi l'attrazione di tutti i presenti che probabilmente molto raramente hanno l'occasione di avvicinare degli stranieri; ben presto le attività si fermano ed una folla enorme di donne e ragazzi ci circonda e ci segue fino allo spiazzo che funge da officina. Tesfaye, il meccanico ed il suo aiutante devono sbraitare non poco per allontanare i curiosi. Adriana si rifugia in una locanda per la felicità della proprietaria e delle sue bambine che si godono da sole la sua presenza, mentre io ne approfitto per scattare alcune foto ai pastori che con i loro cammelli rientrano al villaggio. La riparazione richiede molto tempo e solo nel tardo pomeriggio possiamo rimetterci in viaggio. Fortunatamente la strada migliora, ora tratti sterrati si alternano ad altri asfaltati di recente; lungo la strada, con il calare delle tenebre, abbiamo modo di vedere piccoli branchi di iene alla ricerca di cibo. E' ormai notte quando finalmente arriviamo a Makallè.
Venerdì 24 ottobre - Passiamo la mattinata ai due principali mercati della città; il mercato delle spezie e quello del sale, dove le donne Tigray con le mani decorate da caratteristici tatuaggi vendono piccole lastre di sale tagliate dai blocchi estratti nel deserto della Dancalia. Ripartiamo; strada facendo ci fermiamo a Wukro per visitare la chiesa rupestre di Chirkos, più antica ma con incisioni meno raffinate rispetto alle chiese di Lalibela. La strada è ora per lunghi tratti asfaltata, capiamo di avvicinarci al confine con l' Eritrea per gli insediamenti militari sempre più numerosi. Giungiamo ad Adigrat, città di confine. Camminando per le vie della cittadina veniamo avvicinati da un sacerdote italiano, don Gaetano, rettore di una scuola professionale, da molti anni ad Adigrat e profondo conoscitore della realtà di questa zona. Con lui
ci intratteniamo a lungo; mentre visitiamo la chiesa ortodossa ci parla della sua scuola, dei ragazzi che la frequentano e dei profughi che in migliaia si sono riversati in città dai villaggi lungo il confine a causa della guerra e che qui sopravvivono in condizioni di estrema indigenza.
Sabato 25 ottobre - Partiamo all'alba per Debre Damo, uno dei più importanti siti religiosi d'Etiopia. Abbarbicato sulla sommità di un amba, una montagna dalla cima piatta, il monastero è circondato da rupi a picco; per accedervi bisogna arrampicarsi con l'aiuto di robuste corde lungo una parete rocciosa alta una ventina di metri. Tesfaye ci riferisce che in questi giorni è in corso la festa che si tiene ogni anno e che richiama molte persone provenienti da tutta Etiopia che qui si recano in pellegrinaggio. La strada è poco più di una pista tortuosa e polverosa; vecchi autobus ed autocarri stracarichi di gente arrancano insieme ai tantissimi pellegrini che a piedi salgono verso il monastero. Quando arriviamo ai piedi della amba non crediamo ai nostri occhi; l'intero crinale della montagna brulica di gente; uomini, donne, bambini, monaci, eremiti. Ai piedi della parete rocciosa, dove le funi consentono, ai soli uomini, la salita al monastero, c'è una ressa incredibile; tutti vogliono salire, uomini e ragazzi si strattonano, si spingono e non danno il tempo a chi si sta calando di arrivare fino a terra. Assistiamo a scene incredibili;
persone che salgono e scendono contemporaneamente sulla stessa fune, accavallandosi l'un l'altro. Ci raccontano che ogni anno si registrano alcuni morti,
coloro che nella ressa, perduta la presa sono precipitati sulla folla sottostante. Guardiamo sconcertati, attorniati da donne ed anziani intenti a pregare. Vista l'impossibilità di salire al monastero, lasciamo Debre Damo e ci dirigiamo verso Axum. Attraversiamo Adua che nel 1896 fu teatro di un'epica battaglia fra le truppe di Menelik e l'esercito italiano guidato dal generale Baratieri, che subì una pesantissima sconfitta, e facciamo una breve deviazione fino all'antica capitale di Yeha, che conserva quale testimonianze del periodo sabeo, le rovine di un vecchio tempio pre-cristiano, costituite da blocchi squadrati tipici dell'architettura sud-arabica. Giunti ad Axum, ci rechiamo presso gli uffici del Museo nazionale per acquistare il biglietto che ci consentirà di visitare i monumenti della città; il tramonto è ormai prossimo, ci arrampichiamo su una collinetta sovrastante il vicino parco delle stele ed attendiamo il calare del sole.
Domenica 26 ottobre - Dedichiamo l'intera giornata alla visita dell'antica capitale aksumita costellata di rovine, di stele e di tombe, che fino al IX° secolo d.C. esercitò la propria influenza sulla regione del Nilo, sull’Etiopia settentrionale e sulle rive del Mar Rosso, I monumenti sono quasi tutti in un area abbastanza circoscritta; spostandoci a piedi per la piccola cittadina facciamo conoscenza con un gruppo di militari appartenenti alle forze multinazionali di pace delle Nazioni Unite che pattugliano la zona di confine tra Etiopia ed Eritrea. Ci rechiamo al bacino della regina di Saba utilizzato ancora oggi dalle donne per rifornirsi d'acqua, alle tombe dei re Kaleb e Bazen, alla chiesa di Santa Maria di Zion ed alla pietra di re Ezana, recante un'iscrizione in tre lingue antiche. Visitiamo il Museo nazionale, piccolo ma interessante, ricco di polverosi reperti ed il vicino parco delle stele contenente più di 120 maestosi monoliti, dimostrazione della superiorità che l’impero aksumita poteva vantare in campo architettonico. In auto raggiungiamo invece le rovine del palazzo della regina di Saba e la leonessa di Gobedra, un bassorilievo scolpito su una roccia, situati entrambi a qualche chilometro dalla città.
Lunedì 27 ottobre - Partiamo da Axum all'alba. La strada sterrata, in buone condizioni anche se molto polverosa, si snoda tra ambe e dolci colline coltivate a mais; molti contadini con vetusti carri trainati da buoi si stanno recando al lavoro nei campi. Ovunque carcasse di mezzi bellici: carri armati, autoblindo, cannoni e camion, rimasti a testimoniare gli scontri, qui particolarmente cruenti, avvenuti durante la guerra civile che segnò nel 1991 la fine del regime del colonnello Menghistu. A Shire ci dirigiamo verso i monti Simien; la strada riprende a salire, viaggiamo costantemente oltre i 3.000 metri di quota. Vediamo in lontananza il profilo del Ras Dashen che con i suoi 4.543 metri è fra le più alte montagne d'Africa. La strada è molto panoramica e la vista di splendidi paesaggi montani ci accompagna per tutto il tragitto. Dopo una breve sosta al piccolo mercato di Adiarkay giungiamo a Debark, punto di partenza delle escursioni ai monti Simien. Tra boschi di conifere e prati verdissimi con mucche al pascolo che ci fanno pensare di essere sulle nostre Alpi, giungiamo a Gondar. Iniziamo la visita della città dal recinto imperiale. All'interno, protetti dalle alte mura in pietra, si sono conservati castelli, palazzi, chiese, case e scuderie. Collegati tra loro da porticati e passaggi sopraelevati furono costruiti nel corso del XVII° secolo presumibilmente da re Fasilidas e dai suoi discendenti. E' un posto sorprendente, la presenza di palazzi e castelli merlati, la cui architettura ricalca vagamente quella dei palazzi dell’Arabia meridionale, con torri rotonde ai lati ed un torrione quadrato al centro, stupisce. Usciti da una delle sette porte che collegano la corte imperiale alla città, ci inoltriamo per le vie di Gondar, caratterizzate dalla presenza di ville e palazzi pubblici costruiti durante il periodo coloniale, tipico esempio dell'architettura italiana in stile decò dell'epoca.
Martedì 28 ottobre - Ci rechiamo alla chiesa di Debre Berhan Selassie, forse la più famosa d'Etiopia. E' interamente affrescata con pitture in perfetto stato di conservazione, che rappresentano scene bibliche e di vita etiopica; il suo soffitto spettacolare: sulle travature sono dipinte le teste alate di ottanta cherubini, ognuna con espressioni leggermente diverse. Visitiamo i bagni di re Fasilidas, un complesso costruito per le celebrazioni religiose ed ancor oggi utilizzato una volta all'anno durante la cerimonia del Timkat, che rievoca il battesimo di Cristo nel fiume Giordano. Lasciamo Gondar e ci dirigiamo verso il lago Tana, il più grande d'Etiopia. A Woreta, importante crocevia a circa metà strada, ci fermiamo per far riparare ancora una volta il collettore di scarico del fuoristrada; questa volta ha ceduto un supporto, Tesfaye decide di sostituirlo appena possibile per evitare guai maggiori. Giungiamo a Bahar Dar sulla sponda meridionale del lago Tana; ci rechiamo all'ex residenza di Hailè Selassiè, posta su una collina alla periferia della città, da cui ammiriamo una magnifica vista sul lago e sul Nilo Azzurro.
Mercoledì 29 ottobre - Partiamo di primo mattino, per recarci alle cascate del Nilo Azzurro distanti una trentina di chilometri da Bahar Dar. Al villaggio di Tis Isat, pagato il biglietto d'ingresso, imbocchiamo un ripido sentiero che scendendo in una gola conduce al ponte in pietra costruito dai portoghesi nel XVII° secolo e che consente l'attraversamento del fiume. Mentre risaliamo sul versante opposto incrociamo uomini e donne Amara che dai villaggi con i loro carichi si stanno recando al mercato. Dopo circa trenta minuti di cammino giungiamo al punto panoramico posto di fronte alle cascate. Avrebbero dovuto essere molto spettacolari, considerata la loro ampiezza, circa 400 metri ed il salto di quarantacinque metri che compiono. Siamo nel periodo successivo la stagione delle piogge e la portata d'acqua è notevole, tuttavia le cascate sono molto ridotte sia in portata che in ampiezza. Il fiume viene infatti deviato in un canale e va ad alimentare una centrale idroelettrica. Ritornati al fuoristrada dove Tesfaye ci sta aspettando, facciamo rientro a Bahar Dar. Strada facendo, visitiamo il villaggio di Weyto, abitato dall'omonima etnia, nota per l'abilità con cui costruisce agili imbarcazioni di papiro, i tankwa, che a dispetto del loro fragile aspetto vengono utilizzate per trasportare pesanti carichi sul lago Tana.
Giovedì 30 ottobre - Dedichiamo l'intera giornata ad una escursione in barca per visitare alcuni monasteri costruiti tra il XII° ed il XVIII° secolo sulle isole e lungo le rive del lago. Partiamo dal molo dell'hotel con una barca a motore insieme a Fausto e Gianfranco, due signori di Brescia che alloggiano nel nostro stesso albergo, e a due ragazzi olandesi. Ci dirigiamo all'isola di Dek, la più lontana da Bahar Dar, a circa tre ore di navigazione. Scesi dall'imbarcazione, ci inerpichiamo lungo un sentiero che conduce alla larga spianata dove nascosto dalla vegetazione sorge il monastero di Narga Selassiè. La chiesa, del XVIII° secolo, è interamente affrescata. Puntiamo quindi verso la sponda occidentale del lago, alla penisola di Zege, dove si trova uno dei monasteri più noti, quello di Ura Kidane Mehret, anch'esso affrescato e molto interessante. Ci spostiamo infine al monastero di Kebran Gabriel. L'accesso è consentito ai soli uomini, per cui Adriana ci attende al molo d'attracco dove un giovane monaco le fa compagnia. Saliamo verso il centro dell'isola e costeggiando il monastero, giungiamo alla chiesa. Costruita nel XVII° secolo, è a pianta circolare, con un porticato a colonne. L'interno è interamente affrescato; ci accompagna nella visita un monaco, molto disponibile, che ci conduce in una piccola costruzione in cui sono custoditi preziosi manoscritti miniati del XIV° - XV° secolo, antiche corone e stupende croci. Risaliti in barca, rientrando a Bahar Dar vediamo alcune tankwa, imbarcazioni di papiro, che cariche all'inverosimile di legname stanno dirigendosi al villaggio di Weyto.
Venerdì 31 ottobre - Lunga tappa di trasferimento quella odierna. Vengono con noi anche Fausto e Gianfranco a cui diamo un passaggio. Partiamo da Bahar Dar che è ancora notte; siamo ormai alla fine del nostro tour nel nord del paese, rientriamo ad Addis Abeba. Attraversiamo l'altipiano; pascoli e campi coltivati si alternano alla nostra vista. Passata la cittadina di Dejen, iniziamo una lunga e panoramica discesa, perdiamo mille metri di quota e scendiamo in una profonda gola in cui scorre il Nilo Azzurro che attraversiamo transitando sul ponte ad una sola arcata, opera di alta ingegneria, costruita durante il periodo coloniale italiano; considerato punto strategico, è pattugliato dai militari, che ci consentono di percorrerlo a piedi, ma senza macchine fotografiche. Dopo una interminabile salita, ci ritroviamo sull'altro lato dell'altopiano. Mentre Tesfaye acquista legna e carbone per la propria famiglia, approfittiamo della sosta per scattare alcune foto "proibite" del ponte. Arriviamo a Fiche, la strada ritorna ad essere asfaltata; siamo proprio alla fine del viaggio, tra poco saremo ad Addis Abeba.
Sabato 1 novembre - E' il nostro ultimo giorno di permanenza in Etiopia; in taxi ci rechiamo nella zona di Piazza, per gli ultimi acquisti. Rientrati in hotel troviamo Tesfaye che ci attende per portarci in aeroporto dove dopo le formalità di rito alle 13, insieme a 400 pellegrini etiopi diretti alla Mecca ci imbarchiamo sul volo Saudi Airlines per Jeddah. Trascorriamo la notte in aeroporto in attesa del volo che domattina alle 4,30 ci porterà a Milano Malpensa.
|
|
|