" L'altro volto della Cina "
Situate nella parte sud occidentale della Cina, Guangxi e Guizhou, hanno in comune, paesaggi
rurali caratterizzati da una morfologia carsica, risaie terrazzate e minoranze etniche che hanno mantenuto immutate nei secoli, tradizioni, usanze
e costumi. I borghi di Yangshuo e Xingping, circondati da incredibili picchi calcarei ricoperti da una fitta vegetazione; le risaie terrazzate
di Ping An e Dazhai, capolavori di ingegneria rurale, frutto del lavoro compiuto nei secoli dalle etnie che popolano le valli; i villaggi di Xiao
Huang, Zhaoxing e Chengyang, che vanta uno dei più bei ponti coperti "del Vento e della Pioggia", sono stati solo alcuni dei punti focali di questo
interessantissimo viaggio.
Lunedì 10 ottobre - In una bella giornata di sole raggiungiamo l'aeroporto di Milano
Malpensa dove alle 12 ci imbarchiamo sul volo Etihad EY 088 con destinazione Abu Dhabi. Accolti da un tramonto spettacolare atterriamo all'Abu
Dhabi International Airport, da cui ripartiamo alle 21,30 alla volta di Pechino.
Martedì 11 ottobre - Atterriamo al Capital International Airport di Pechino in una grigia
mattina autunnale. Espletati in pochi minuti, controllo dei documenti, ritiro dei bagagli e formalità doganali, ci dirigiamo ai desk dell'Air
China per effettuare il check-in del volo CA 1471, previsto per le 12,30, che ci porterà nel Guangxi, nostra destinazione finale. L'attesa per
l'imbarco si protrae però ben oltre l'orario previsto e a causa del mancato arrivo dell'aeromobile decolliamo con due ore di ritardo. Dopo un volo
tranquillo su un compatto letto di nubi che nasconde alla vista, il suolo cinese, alle 17 atterriamo all'aeroporto di Guilin. Con un taxi, il
cui conducente, poco avvezzo al rispetto delle norme del codice della strada ma che grazie all'incessante utilizzo di clacson e fari, si districa
abilmente nell'intenso traffico cittadino, raggiungiamo il terminal degli autobus dove provvediamo ad acquistare i biglietti per il primo mezzo in
partenza per Yangshuo. Una breve attesa e lasciamo la città ormai avvolta dalle tenebre; percorrendo strade poco trafficate che si snodano
attraverso la campagna, in poco più di un'ora raggiungiamo il terminal degli autobus di una delle località più turistiche della Cina meridionale.
A piedi, percorriamo Xi Jie, animatissima via pedonale, che attraversa il centro della città, per raggiungere l'hotel scelto tramite internet;
preso possesso delle camere, affrontiamo, per recarci a cena, una inarrestabile marea umana, composta per la stragrande maggioranza da giovani
ragazzi cinesi che in un susseguirsi di disco-bar, ristoranti, negozi affollano le vie del centro storico.
Mercoledì 12 ottobre - Di buon mattino usciamo dal nostro hotel dopo esserci accordati,
alla reception, per il noleggio di quattro biciclette. Da Diecui road, raggiungiamo la strada statale che collega Yangshuo a Guilin e percorsone
un breve tratto, ci immettiamo nella strada che conduce a Chaolong. Pedalando in assoluta tranquillità, circondati da risaie e campi coltivati,
su strade il cui scarso traffico è costituito da alcune motociclette e da qualche sporadico autocarro, attraversiamo Chaolong, accompagnati dallo
sguardo curioso di bambini e di anziani contadini che si stanno recando nei campi, con gli attrezzi da lavoro sulle spalle. Costeggiando
vecchi cascinali in pietra, veniamo attratti dal sommesso vociare proveniente da una casa colonica, nel cui cortile, alcune donne, attingendo acqua
da un pozzo con una vecchia pompa manuale, sono intente a lavare ortaggi e verdure. Proseguiamo lungo il sentiero che seguendo gli argini di campi
e risaie attraversa i piccoli villaggi di Xiatang, Xinglong, Jiuxian e Xinzhai fino a raggiungere Yulong, caratteristico borgo attraversato dal
fiume omonimo, dove tra vecchie case in pietra, fa bella mostra di sè, il Ponte del Drago, costruzione ad arco edificata in pietra nel XV° secolo.
Non proseguiamo oltre e sistemate le biciclette nella parte posteriore delle zattere ci accordiamo per ridiscendere il fiume fino al villaggio di
Xiatang. Dopo una pedalata di due ore, ci riposiamo ammirando il paesaggio che si presenta ai nostri occhi mentre scendiamo lungo il fiume Yulong,
che seppur interrotto saltuariamente da piccoli sbarramenti che fungono da diga e che si superano passando su stretti passaggi sassosi che danno
vita a brevi rapide, scorre placido tra bufali che si crogiolano nell'acqua, donne che lavano i panni, contadini al lavoro nei campi, paesaggi
bucolici e picchi carsici velati da una patina di foschia. A Xiatang ci rimettiamo in sella e seguendo il sentiero che costeggia il fiume scendiamo
fino alla strada, molto trafficata, che transita di fronte alla Collina della Luna, così chiamata per la cavità che ne ricorda la forma. Pagato il
biglietto d'ingresso, affrontiamo l'irta scalinata che nella fitta vegetazione si inerpica sul fianco della montagna; trenta minuti di faticosa
salita, permettono di raggiungere l'arco naturale in roccia che dà il nome alla montagna e da cui si può ammirare uno stupendo panorama sui picchi
di natura carsica ricoperti dalla vegetazione e sulle risaie sottostanti. Recuperate le biciclette, con la stanchezza che comincia a farsi sentire,
percorriamo gli ultimi chilometri che ci separano da Yangshuo. Dopo dieci ore e cinquantacinque chilometri, le riconsegniamo all'hotel per recarci a
cena al Dumpling restaurant.
Giovedì 13 ottobre - Ci svegliamo alle 7 e la sorpresa è la pioggia battente iniziata a
cadere verso la fine della notte. Ritardiamo un poco l'uscita dall'hotel, poi indossate le mantelline antipioggia ci dirigiamo al Mercato coperto
dei coltivatori diretti, una vasta area utilizzata per la vendita di prodotti alimentari e che offre uno spaccato genuino della vita locale. Dopo
aver girovagato per il primo capannone che ospita bancarelle di frutta e verdura ci portiamo in quello adiacente che oltre ad ospitare macellerie,
pescherie e ristoranti, è animato e frequentato da personaggi singolari. Spostandoci sul lato dell'edificio in cui stazionano i macellai, vediamo
che alcuni di loro stanno macellando dei cani. Un paio, già morti, sono appesi ai ganci che sovrastano i banconi in attesa di essere sezionati,
altri stanno per essere scuoiati dopo essere stati passati su una fiamma, altri ancora rinchiusi in gabbie di ferro, guaiscono, consapevoli della
loro imminente fine. Uno spettacolo raggelante che ci induce a raggiungere la vicina stazione degli autobus, avendo deciso, a causa delle pessime
condizioni meteo, di rinunciare alla navigazione con le zattere sul fiume Li. Attraverso risaie e campi coltivati, in meno di un'ora, raggiungiamo
Xingping, caratteristico villaggio sul fiume Li, nei cui vicoli convivono antiche residenze e locali pubblici, palazzi dalla storia millenaria e
negozi di souvenir, angoli dove la vita di ogni giorno scorre con i ritmi lenti dei piccoli borghi e luoghi dove la vita è dettata dalla frenesia
dei tanti turisti cinesi. Con la pioggia diminuita d'intensità e le nuvole basse e la foschia che continuano a negarci la vista dei pinnacoli di
roccia, ritorniamo a Yangshuo e recuperati i bagagli, ci rechiamo nuovamente al terminal per prendere l'autobus che ci riporterà a Guilin. In città,
scendiamo nelle immediate vicinanze del terminal centrale, dove scopriamo che i mezzi per Longshen hanno ora come punto di partenza la stazione di
Quindan, situata nei pressi dell'aeroporto. La raggiungiamo in taxi, giusto in tempo per prendere l'ultima corsa della giornata. La strada ben
presto comincia a salire fra estese piantagioni di bambù; oltrepassati un paio di colli immersi nella nebbia con la pioggia che ha ripreso vigore,
veniamo lasciati nei pressi del bivio da cui ha inizio la strada che sale a Ping'An e a Dazhai. Ad aspettare i viaggiatori diretti nella valle, un
pulmino, il cui autista, si dice disposto a portarci a Dazhai in un hotel di sua conoscenza. La sua richiesta è però veramente esosa; mi metto alla
ricerca di un'alternativa che trovo in un signore, in attesa con il proprio fuoristrada a poche decine di metri di distanza, che si propone per
condurci a Ping'An ad un prezzo molto più interessante. La strada, stretta e tortuosa, risale la valle per una ventina di chilometri e dopo una
lunga serie di tornanti termina in un parcheggio da cui parte la mulattiera che sale al villaggio, raggiungibile solamente a piedi. Troviamo ad
attenderci Among, una signora contattata dall'autista, proprietaria di una guest-house ed un gruppo di donne, assoldate per portare i nostri zaini,
nelle loro ceste, fino all'albergo.
Venerdì 14 ottobre - Ci svegliamo finalmente con il sole ed alle 8,15 siamo pronti per
affrontare il trekking di quindici chilometri, lungo il sentiero che collega Ping'An a Dazhai, attraverso le risaie terrazzate della Spina
Dorsale del Drago, un incredibile capolavoro di ingegneria rurale, frutto del lavoro compiuto nel corso dei secoli, da Zhuang, Dong, Miao e Yao, le
etnie che popolano queste valli. Lasciata Ping'An, antico villaggio di etnia Zhuang, saliamo al punto panoramico da cui è possibile ammirare il
panorama sulle montagne circostanti e superato un piccolo bacino artificiale, imbocchiamo il sentiero che a mille metri d'altitudine, in un
continuo sali e scendi porta a Dazhai. Camminiamo attraverso vaste ed ombrose pinete; parecchi terrazzamenti, abbandonati nel corso degli anni,
sono stati nuovamente occupati dalla vegetazione mentre nelle rade aree coltivate, il riso tagliato e raccolto in mazzi è messo ad essicare sui
bordi rialzati delle risaie. Dopo quasi tre ore di cammino, inframezzato da diverse soste, giungiamo al villaggio Yao di Zhongliu, dove è in corso
una festa a coronamento del termine dei lavori di innalzamento della struttura portante di una nuova abitazione, i cui travi in legno assemblati
secondo lo stile tradizionale sono stati portati a tetto. Appeso ad uno dei pali di sostegno un galletto, sacrificato in segno beneaugurante. Tutto
il piccolo villaggio partecipa all'avvenimento e di fronte alla nuova casa, numerose donne fanno sfoggio degli abiti tradizionali. Notiamo anche
la caratteristica acconciatura delle donne Yao: non tagliandosi mai i capelli, che negli anni possono raggiungere una lunghezza tale da toccare il
suolo, questi vengono avvolti intorno al capo fino a formare una specie di protuberanza sulla fronte; tale protuberanza, assente nelle donne nubili,
sta ad indicare che la donna è sposata. Con gli invitati seduti in cerchio attorno a numerosi bracieri, su cui, in grosse pentole cuociono pezzi di
carne e verdure e da cui i commensali si servono direttamente, e con birra e grappa di riso, offerti in ciotole, che scorrono a fiumi, veniamo
invitati dal proprietario ad unirci ai festeggiamenti; ci fermiamo per circa un'ora, congedandoci quando i toni cominciano ad alzarsi, gli
animi a scaldarsi ed il proprietario ad essere alticcio. Riprendiamo il cammino e percorrendo un'interminabile salita lungo un sentiero lastricato
a gradoni raggiungiamo immersi in una fitta vegetazione di piante di bambù la sommità dell'ultimo colle. Dopo lo scollinamento il paesaggio cambia
radicalmente; intere montagne trasformate in risaie terrazzate si estendono a perdita d'occhio. Iniziamo la lunga discesa fra le risaie con i
contadini al lavoro nei campi: c'è chi batte il riso tagliato, chi scende a valle trasportando con il bilanciere pesanti sacchi di riso, chi
accompagna carovane di muli e cavalli sui cui basti sono stati posti i sacchi con il raccolto. Superato il villaggio di Tiantouzhai, affrontiamo
l'ultimo tratto di discesa; ormai siamo al termine del trekking, siamo arrivati a Dazhai. Attraversato il paese ci portiamo allo spiazzo che funge
da parcheggio dove restiamo in attesa della partenza dell'autobus diretto a Longshen. Scendiamo in corrispondenza del ponte di Yulong e con un
minibus rientriamo a Ping'An.
Sabato 15 ottobre - In una splendida giornata di sole raggiungiamo il parcheggio degli
autobus (per Longshen partono alle 7,30 - 9 - 11 - 13 - 15 - 17). Dobbiamo aspettare l'arrivo del secondo autobus giornaliero per scendere,
percorrendo la ripida strada a tornanti, dagli 800 metri di Ping'An a fondo valle. In poco più di un'ora di viaggio ci ritroviamo al terminal di
Longshen; il tempo di fare i biglietti, salire a bordo e siamo in partenza per Sanjiang. La strada larga e poco trafficata costeggia il fiume Sang,
ed attraversando i numerosi villaggi che incontriamo, constatiamo che una delle attività della popolazione locale è l'estrazione di sabbia e
pietrisco dal letto del fiume, lungo il cui corso sono stati costruiti un paio di sbarramenti che hanno creato altrettanti bacini artificiali. In
due ore siamo al terminal di Sanjiang; presa visione degli orari degli autobus per le prossime destinazioni contattiamo il conduttore di un
moto-risciò che ci propone di raggiungere Chengyang in automobile. Accordatici sul prezzo e parcheggiato il moto-risciò, l'intraprendente signore si
mette alla guida del proprio minibus, con cui copriamo i venti chilometri che separano Sangjiang da Chengyang. Depositati i bagagli, iniziamo la
visita dei piccoli villaggi abitati dai Dong che situati uno appresso all'altro costituiscono il borgo di Chengyang: Ma'an affascinante e
pittoresco gruppo di case in legno con una bella spianata su cui sorge la Torre del Tamburo, luogo di incontro per gli anziani del villaggio che
qui si ritrovano per conversare e giocare a carte; Pingzhai, Yanzhai, Dongzhai e Dazhai tutti con caratteristiche ed antiche dimore in legno, ponti
coperti "del vento e della pioggia" e vaste spianate su cui i contadini, che ancora indossano gli abiti tradizionali di colore indaco, stendono
il riso ad essicare. Terminiamo il nostro giro al Ponte "del Vento e della Pioggia" di Chengyang; costruito nel 1911 utilizzando tronchi di abete,
ha una lunghezza di settantotto metri, quattro arcate e cinque strutture a pagoda erette in corrispondenza di ogni pilone ed è ritenuto il più
bello fra gli oltre cento ponti della regione. Ponti considerati dagli abitanti della regione, luoghi sacri,
luoghi di socializzazione e luoghi utili. Sacri perché utilizzati come strutture dove espletare riti; di socializzazione, in quanto tutti ci
passano e spesso si siedono sulle panche poste lungo la ringhiera per oziare o chiacchierare con presenti e passanti; utili perché essendo
totalmente coperti riparano dalle frequenti precipitazioni (da qui il nome "della Pioggia") ed essendo regolarmente attraversati dalle correnti
d'aria che si formano lungo il fiume ("del Vento") possono essere utilizzati, per asciugare i tessuti tinti nell'indaco. Sono l'essenza
dell'architettura di cui i Dong sono dei magistrali interpreti, in quanto tutto ciò che costruiscono, dai ponti, alle case, alle torri, è
edificato senza l'utilizzo di chiodi.
Domenica 16 ottobre - Lasciamo le vecchie case in legno di Ma'an ed oltrepassato il Ponte
"del Vento e della Pioggia", attendiamo l'arrivo dell'autobus diretto a Sangjiang. Nonostante sia domenica, nei villaggi lungo la strada fervono
le attività lavorative; numerosi sono i depositi di legname e le segherie che trasformano i tronchi di pini ed abeti in travi di varie misure per
la costruzione delle tipiche case in legno della zona. In trenta minuti siamo a Sangjiang; l'autista con un lungo giro a causa del transito
consentito alle sole autovetture sul ponte che divide in due la città, ci porta al terminal in cui siamo arrivati da Longshen ed in cui avevamo
preso nota degli orari degli autobus e dove scopriamo che proprio a causa del divieto di transito sul ponte, i mezzi che partono o arrivano
sull'altra sponda del fiume fanno capo alla stazione di Hexi. La raggiungiamo in moto-risciò, giusto in tempo per poter prendere l'autobus delle
9,10. Seguendo per l'intero tragitto il corso del fiume Sang, la sede stradale dopo un primo tratto sistemato recentemente, addentrandosi tra le
colline ricoperte di bambù ed alberi d'alto fusto, ritorna ad essere stretta, tortuosa e sconnessa. Dopo tre ore di viaggio siamo al terminal di
Congjiang; ci annotiamo gli orari dei mezzi che dovremo utilizzare nei prossimi giorni e ci mettiamo alla ricerca dell'hotel che avevamo scelto e
che è situato sulla strada principale, a soli duecento metri dal terminal. Arrivando a Congjiang abbiamo lasciato il Guangxi per il Guizhou,
regione rurale montana caratterizzata da un eccezionale mosaico umano, costituito da diciotto differenti gruppi etnici: i più rappresentativi,
Miao, Dong, Hui, Zhuang e Gejia. Depositati i bagagli, ci mettiamo alla ricerca di un taxi; attraversando a piedi il vicino ponte vediamo sulle
rive del fiume alcune donne che dopo aver tinto con l'indaco lunghe strisce di tessuto, le stendono ad asciugare sui sassi. E' infatti
consuetudine comune che nei villaggi più isolati della regione, le donne tessano da sole le stoffe per i propri abiti e che le tingano usando
colori naturali; le donne Dong e Miao utilizzano il color indaco che loro stesse preparano facendo bollire fiori d'indaco con calce spenta per
ottenere il caratteristico colore blu scuro. Le donne che vediamo, dagli abiti e dai copricapo che indossano sembrano appartenere all'etnia Miao;
in serata le vedremo rientrare a Basha, piccolo villaggio che noi raggiungiamo in taxi, situato sui rilievi nei dintorni di Congjiang, dove sono
presenti caratteristiche case in legno, alcune delle quali, le più vetuste, hanno il tetto rivestito non da tegole, ma dalla corteccia degli
alberi. Il piccolo villaggio è abitato dall'etnia omonima (Basha), una sotto-etnia dei Miao, da cui però si differenzia parecchio. Estremamente
caratteristici sono gli uomini, che oltre ad indossare gli abiti tradizionali tinti con l'indaco e a girare armati con spade e vecchi fucili che
utilizzano per la caccia, hanno un taglio di capelli che non trova riscontro altrove e che è simbolo di virilità: nella parte superiore della testa,
i capelli che non vengono mai tagliati, sono raccolti in una lunga treccia, mentre il resto del cranio viene completamente rasato utilizzando una
roncola. Abbiamo la fortuna di assistere ad una cerimonia di rasatura, evento che segna nei ragazzi il passaggio dalla pubertà all'età adulta. E'
in tale occasione che viene consegnato loro il primo fucile; da notare che i Basha sono l'unica minoranza etnica a cui è stato accordato il
permesso di detenere armi da fuoco, possesso vietato dopo la Rivoluzione Culturale.
Lunedì 17 ottobre - Di buon mattino siamo al terminal per prendere l'autobus per Xiao Huang.
Lasciamo la città e subito la strada sparisce inghiottita da un immenso cantiere; stanno costruendo la nuova autostrada e la vecchia carrozzabile
è stata trasformata in un tratturo polveroso utilizzato dai mezzi di lavoro per i loro spostamenti. Grandi lavori di sbancamento alle colline,
incanalamento del fiume e distruzione delle risaie hanno completamente stravolto l'aspetto della vallata. Così fino a Gaocheng, dove lasciato il
fondovalle imbocchiamo la carrozzabile che fra pinete, alberi d'alto fusto e risaie, sale ai 700 metri di Xiao Huang, un autentico villaggio
rurale non ancora intaccato dal turismo di massa cinese. Ci arriviamo dopo circa un'ora di viaggio e già lungo il tragitto, incrociamo numerosi
contadini che con i propri carretti trainati dai cavalli o a piedi con gli arnesi da lavoro sulle spalle si recano nei campi. Passato il ponte
coperto giriamo per le strade del villaggio costituito quasi interamente da vecchie case in legno e dove la poca gente rimasta nel villaggio, ci
guarda divertita, sorpresa o impaurita. In tarda mattinata, dopo aver esplorato, percorrendo le vie polverose, gli angoli più caratteristici del
borgo ed aver passeggiato per il piccolo mercato, allestito da donne con i classici abiti tradizionali, grazie all'aiuto di un signore di Canton
che parla inglese, contattiamo un minibus per ridiscendere a Congjiang e recuperati i bagagli, ci rechiamo al terminal per prendere l'autobus
delle 13 diretto a Zhaoxing. A causa dei lavori per la costruzione della nuova autostrada le corse dirette sono sospese; veniamo dirottati su un
mezzo che percorrendo in senso contrario la strada proveniente da Sanjiang risale il fondovalle fino a Baluo per immettersi quindi in una strada
di recente costruzione, che sale a Luoxiang. Anche qui la valle è stata stravolta, intere colline sbancate, risaie cancellate, orografia modificata.
Con un minibus percorriamo l'ultimo tratto che ci separa da Zhaoxing, caratteristico villaggio Dong, che conserva in un bel contesto naturale circa
settecento edifici storici in legno costruiti secondo i dettami tradizionali, diversi ponti coperti e cinque torri a tamburo, costruzioni nate come
torre di avvistamento degli incendi. All'ultimo piano della torre, che ha sempre un numero di tetti dispari (tra i 7 ed i 13) in quanto segno di
buon auspicio, è posizionato un grande tamburo che serve per dare l'allarme, sia in caso di incendio che per qualsiasi altra calamità o urgenza;
una volta anche di tipo bellico, essendo il luogo dove venivano custodite le armi. Eretta in punti strategici, poggia su quattro pilastri centrali, che
rappresentano le stagioni e su dodici pilastri laterali di dimensioni minori, che rappresentano i mesi; è considerata il vero fulcro della vita del
villaggio: qui è facile trovarvi gli anziani che passano il tempo fumando la pipa, giocando a carte o a scacchi.
Martedì 18 ottobre - Oggi è giorno di mercato a Zhaoxing e vicino alle bancarelle che
vendono prodotti alimentari, allineate nella piazza e lungo la via principale del villaggio, c'è animazione. La presenza di animali strani è una
consuetudine per i mercati cinesi; questa volta ad attirare la nostra attenzione è la presenza di grossi ratti che stanno lentamente abbrustolendo
su una graticola. Non essendoci più mezzi pubblici fino a mezzogiorno, rientrati in albergo, chiediamo al proprietario di portarci con il suo
monovolume nella vicina Luoxiang, borgo insignificante e sporco, punto di partenza dell'autobus per Congjiang; ci accompagna con il proprio
figliolo, in tempo per prendere il mezzo in partenza alle 11. Ripercorriamo in senso contrario la strada fatta all'andata ed alle 12,40 siamo al
terminal degli autobus, dove ci attende la coincidenza per Rongjiang. Pochi minuti e lasciamo la città; la strada che per tutto il percorso
costeggia il fiume fra colline coltivate e boschi di conifere è in condizioni terribili, l'asfalto in molti punti ha lasciato il posto ad enormi
crateri; tra polvere e scossoni, impieghiamo due ore e mezza per percorrere 77 chilometri. Dalla documentazione che avevo raccolto, pensavamo di
raggiungere direttamente Xijiang, ma al terminal, al momento di acquistare i biglietti, ci spiegano che la linea per Leishan e Xijiang non è più
operativa e l'unica alternativa è raggiungere Xijiang transitando per Kaili. Ci rimettiamo in viaggio; dopo un lungo percorso autostradale
(autostrade G 76, G 75 e G 60) alle 18,30 giungiamo al terminal di Kaili, la città più importante del Guizhou orientale, punto di partenza per
la visita ai villaggi delle tredici minoranze etniche che vivono nelle valli della regione. A piedi raggiungiamo il vicino centro città e ci
mettiamo alla ricerca di un hotel; ne troviamo uno nuovo e modernissimo, il Blue Phoenix.
Mercoledì 19 ottobre - Usciamo prima delle 8 e a piedi ci dirigiamo alla fermata della
vicina rotonda di Bejing Donglu per prendere l'autobus urbano (linea 2) che collega il centro città con la stazione ferroviaria, dove acquistiamo i
biglietti per il treno notturno che nella serata di domani ci porterà a Kunming, la capitale dello Yunnan. Prenotate le cuccette, utilizzando
i mezzi pubblici attraversiamo nuovamente la città per raggiungere il terminal degli autobus e raggiungere Xijiang, una delle località
turistiche di maggior richiamo per tantissime comitive di turisti cinesi. Collegato a Kaili da una nuova strada carrozzabile, il più grande
villaggio Miao del Guizhou, sorge adagiato sul fianco di una collina fra risaie terrazzate alle pendici delle colline Leigong; estremamente curato,
quasi artefatto e molto turisticizzato, vanta oltre 1.200 case tradizionali in legno. Ovunque lungo la via principale ripavimentata in sasso,
negozi di souvenir e locali pubblici per i tanti turisti cinesi, che apprezzano particolarmente i monili d'argento realizzati dalla gente del posto
e che secondo la cultura Miao hanno il potere di tenere lontani gli spiriti maligni. Uscendo dai percorsi tradizionali, saliamo nella parte alta
del villaggio, la più genuina ed autentica, dove ci imbattiamo in una festa per il battesimo di un bambino, celebrata con petardi e fuochi
d'artificio, per rientrare, in serata, nuovamente a Kaili.
Giovedì 20 ottobre - Dedichiamo la giornata odierna, ultima di permanenza nel Guizhou,
alla visita di un paio di villaggi situati negli immediate vicinanze di Kaili. Percorrendo Xingan Xilu ci dirigiamo alla stazione degli autobus
locali, punto di partenza dei mezzi per le destinazioni più vicine; nonostante gli orari sempre molto teorici e raramente rispettati, attendiamo
fiduciosi la partenza dell'autobus diretto a Matang. Trenta minuti di viaggio e veniamo lasciati ad un incrocio; autista e bigliettaio ci
indicano la direzione da seguire. Con una camminata di un paio di chilometri tra i campi coltivati, arriviamo a Matang, villaggio abitato dai
Gejia, gruppo etnico che pur avendo lingua, usi e costumi propri, viene identificato come sotto-gruppo appartenente all'etnia dei Miao.
E' un piccolo villaggio di case in legno circondato da risaie; molto caratteristico l'abbigliamento delle donne che in ogni momento della giornata
indossano un caratteristico cappellino con orecchie inamidate. Giriamo per il paese, quindi percorrendo un sentiero acciottolato fra le risaie,
raggiungiamo il villaggio di Shiping. Ritornati a Matang, proseguiamo fino al bivio sulla statale dove fermiamo il primo autobus diretto in città;
alle 15 siamo nuovamente a Kaili. Dopo aver girovagato per il mercato e recuperato i bagagli in hotel, raggiungiamo la stazione ferroviaria,
dove ci attende il treno K 79 che con una lunga corsa notturna ci porterà a Kunming.
Il resoconto da venerdì 21 a martedì 8 novembre si trova nella sezione Cina: Yunnan
Il resoconto da martedì 8 a giovedì 10 novembre si trova nella sezione Cina - Pechino
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